martedì 30 dicembre 2008

Una riflessione che condivido

Prima di farmi prendere dai bla, bla, bla di fine anno, copio qui la riflessione di Michele Serra su "L'Amaca" di Repubblica di oggi perchè la condivido pienamente.

L'autista romano e il tassista milanese, entrambi pieni di coca e investitori (il secondo dolosamente) di due pedoni, ci fanno intendere anche "statisticamente" ciò che già sappiamo: la diffusione di massa delle droghe ha raggiunto livelli mai visti. Non c'è più alcun rapporto "culturale" con la droga - un tempo veicolo di violazione di norme e veti -, c'è solo un banale rapporto di consumo: una delle tante bulimie in corso. Se prima il drogato poteva considerarsi un anticoformista, oggi è a pino titolo conformista.
La legislazione rigidamente proibizionista in vigore in molti paesi, tra cui l'Italia, si è rivelata un patetico argine, travolto da domanda e offerta entrambe in piena. Per onestà, bisogna aggiungere che nemmeno l' antiproibizionismo può suggerire, a questo punto, qualcosa di diverso dalla semplice constatazione che la droga ha stravinto. La sola speranza sarebbe un mutamento progressivo e profondo di ciascuno di noi con TUTTI i consumi, leciti o illeciti. Una rivolta contro le dipendenze di ogni ordine e grado, la supina imitazione, lo spirito di gregge, la passività psicologica, la mediocrità mortificante che spinge a emulare gli altri pur di non fare la fatica di valorizzare se stessi. Una battaglia per l'indipendenza che purtroppo, a quanto si vede in giro, è al suo anno zero.
Ecco, ora se siete arrivati fin qua, avete già letto Serra. Di mio, mi limito solo a sottolineare a margine una cosa: che il problema delle dipendenze, in senso lato, può a pieno titolo essere considerato Il Problema del nostro mondo attuale. Perchè è dagli eccessi , dalle abbuffate compulsive, ormai, di consumi di ogni genere che derivano i più grandi problemi che ci affliggono, come quello della crisi finanziaria mondiale e dell'inquinamento planetario.
Infine, se sposto il discorso su di me, lo dico già da tempo , l'ho detto anche nel mio vecchio blog in passato, e lo ripeto ora, io riconosco di avere varie "dipendenze" (da abitudini, cose, persone, gusti, odori, immagini, ecc..), ma mi sforzo continuamente di essere, come dire, "dipendente con moderazione" :-)..Non ambisco ad altro. Conosco i miei limiti.
Una "dipendenza con moderazione" è fattibile per tutti, no? Allora..perchè no?

domenica 28 dicembre 2008

Penso a Messina

Sono passati cent'anni dalla catastrofe sullo stretto.
I terramoti e le eruzioni vulcaniche, con le distruzioni che ne conseguono, mi hanno sempre impressionato, affascinato e terrorizzato insieme. La mia terra s'è fatta e rifatta così, a colpi di terrremoti, lava, macerie, distruzioni e ricostruzioni, baracche, case e monumenti completati o per sempre incompiuti..Forse siamo affetti da una specie di paura atavica, noi, abbiamo paura di portare a termine le cose, dalle mie parti, perchè sappiamo, più di altri, che non ne vale la pena, che prima o poi la Natura ce le porterà via..Ed è meglio che non ci affezioniamo troppo..Che, poi, è solo una pietosa bugia, questa di non attaccarsi, per non restarci distrutti dentro..In realtà ci affezioniamo eccome, dalle mie parti alle cose, fin nel profondo delle nostre viscere..
A Messina la ricostruzione non è mai finita, si trascina da cent'anni..Si, certo, le baracche che ancora ci sono in gran parte sono frutto di altre catastrofi, magari meno "naturali", ma ci sono ancora baracche del dopo terremoto..Altrove sarebbe assurda, una cosa del genere, da noi no, purtroppo.
Messina, dopo tutto, dopo il negarmi mio, ed i rifiuti suoi, mi è rimasta nel cuore. Con ostinazione mi si è conficcata dentro, a me, che mi son sentita per undici anni una quotidiana estranea di questa città sullo stretto. E ho sempre cercato di rimuoverla, io, dal mio cuore, questa città così ostile, eppure così familiare, e così amata in quella parte di mare che s'avvicina alla Calabria e quasi la sfiora..Forse, ad esser sincera, amo solo questo, di Lei, lo stretto. E forse per questo che non sono riuscita a scrollarmela di dosso dopo tanti anni. Ho sempre negli occhi lo stretto che vedevo dalla mia finestra ogni mattina..E mi sento, ora io nei suoi riguardi, come quei pezzi di baracca che resistono, di cui Lei, che pure vorrebbe rimuoverli, non riesce a liberarsi..

mercoledì 24 dicembre 2008

Buon Natale



Quest'anno vi faccio gli auguri così, restandomene sotto il mio albero di natale, rigorosamente senza luci :-)
Un bacio e Buon Natale a tutti da parte mia!

sabato 20 dicembre 2008

Dei regali di Natale

Ci siamo, l’ondata natalizia è arrivata, già mi sento travolta. Stress, casa da sistemare per Natale, albero, presepe…
E poi i regali. Già, i regali! Che problema che sono, ogni anno! Sotto tutti i punti di vista: partendo da quello economico, passando per quello del genere, dei gusti e dell’utilità, per finire sempre a quello economico..
Al di là di quest’aspetto prosaico, tuttavia, mi son chiesta in questi giorni, che senso abbia questa usanza di scambiarsi i doni a Natale..Documentandomi un po’ e dando fondo alle reminiscenze universitarie riesco a dire che la “cosa” parte da molto lontano. E’ da far risalire agli antichi Romani e ad i loro Saturnalia, i giorni dedicati a Saturno, in cui si festeggiava con banchetti, a volte anche con orge, e scambi di doni, e di ruoli sociali, pare. Come una sorta di carnevale in cui gli schiavi potevano travestirsi da signori e comandare..Il tutto avveniva nei giorni più bui dell’anno, tra il 17 e il 23 dicembre 2008, in cui l’oscurità della la notte prevale sulla luce del giorno ed in cui la terra si prepara alla rinascita, si riposa, per poi rifiorire e dare frutti. Il cristianesimo mutuò dunque dai romani questa festa, trasformandola ed individuando nel 25 dicembre la data di nascita di Gesù Cristo. Scusandomi per le grossolane semplificazioni dette e saltando tutto il resto fino ai nostri giorni (passagi storici, altre tradizioni, ecc…) quello che accomuna, nelle epoche e tra varie popolazioni, questo periodo di festa, e che io voglio sottolineare, è lo scambio di doni. Ecco, sono di nuovo al senso del dono. Perché si fanno regali e perché lo scambio di doni è associato alla festa? Qui mi vengono in mente, e mi aiutano a capire, i vaghi ricordi rimastimi di antropologia culturale e di etnologia. Penso alla teoria del dono di Marcel Mauss, o agli studi etnografici sulla cultura dei Maori. Beh, senza approfondire più di tanto, grazie alle ricerche ed alle teorie di questi studiosi, il dono può essere considerato una specie di “ponte”, uno strumento che serve ad avvicinare/legare/unire, a creare relazioni, insomma tra le persone e/o tra queste e le divinità. Ciò perché l’atto del donare, a prescindere dalla cosa donata e dal suo valore intrinseco, comporta in genere un meccanismo del tipo do ut des, dunque un ricambio, non necessariamente contestuale. Ma anche nel caso di dono del tutto disinteressato, lo stesso si associa ad un atto gioioso di fiducia incondizionata nell’altro, da un lato, quello del donante, e di gratitudine per il gesto e la cosa ricevuta, dall’altro.
Ora, considerata così la faccenda “doni”, e osservando questa oscena abbuffata di regali, da fare e da ricevere, cui ogni anno un po’ tutti ci sottoponiamo (io non ultima..), “costretti” come siamo dalle convenzioni sociali e familiari, viene spontaneo pensare che l’aspetto relazionale, lo spirito del dono, sia proprio ciò che si è decisamente perso per strada, quella dei negozi..E forse sarà anche per questo che, alla fine, nemmeno il senso di gioia ci resta, ma un senso di vuoto, o di nausea, come dopo una sbornia, o un’abbuffata di sostanze..
Anche gli animali, leggo sul “Il venerdì di Repubblica" di ieri, all’aricolo di Giuliano Aluffi, conoscono la modalità del dono nel relazionarsi tra loro, o con l’uomo. Ma, tranne qualche eccezione, lo fanno sempre per un fine ben preciso, che spesso è di tipo sessuale, come ad esempio i sassolini donati dal pinguino alla pinguina (che li cerca per far casa,) al solo scopo di accoppiarsi con lei, o quello del cibo donato dal ragno maschio alla femmina prima di accoppiarsi nella speranza che, alla fine, lei sia già abbastanza sazia da non voler divorare lui stesso come cibo..:-)
Credo che questo “naturale” do ut des animale, dia loro quel senso della misura che noi umani (io, ad esempio…) abbiamo forse perso, nonostante la crisi economica e l’urgenza e la concretezza dei problemi quotidiani…

domenica 14 dicembre 2008

La ballata dell'amore cieco

Oggi mi va così!
Intanto metto qui questa canzone..
Poi magari, chissà, ci farò un vero post, su De Andrè!

...
....
Fuori soffiava dolce il vento
tralalalalla tralallaleru
ma lei fu presa da sgomento
quando lo vide morir contento.

Morir contento e innamorato
quando a lei nulla era restato
non il suo amore non il suo bene
ma solo il sangue secco delle sue vene.





Mi ha sempre colpito, questa canzone, per l'enormità dei sentimenti. Nessuno dei due rappresentati, tuttavia, nè il più nobile, nè il più crudele, son capaci d'esser "costruttivi"..
Ma quello della vanità e della crudeltà fini a sé stesse alla fine ha la peggio...
Insuperabile De Andrè!

mercoledì 10 dicembre 2008

Nessuno può toglierti i tuoi diritti

Non ho avuto l'adsl fino ad ora, oggi..Arrivo perciò in ritardo, ma arrivo, all'appello ai blogger di pubblicare un post con questo titolo. Ringrazio in particolare Duccio, che ha voluto invitarmi ad aderire a questa iniziativa.
--/--
Sessant'anni dal 10 dicembre 1948. Sessant'anni di esistenza della dichiarazione universale dei diritti umani. Il cammino dell'umanità è lungo di vita, ma ancora corto di diritti.
Stamattina ho letto da qualche parte un detto africano che dice che "tante formiche spostano un elefante". Ecco, in quest'ottica, ognuno di noi è un a formica, ma insieme a tante altre formiche possiamo spingere un intero elefante. Così le voci dei singoli, le iniziative giornalistiche, editoriali ed anche questa del mondo dei blog possono servire a spostare l'elefante-governi-e-parlamenti dei-Paesi-del mondo.
Tanto per avere un 'idea di quanto ancora ci sia da fare, e di quanto, purtroppo s'è invece fatto, e mai si sarebbe dovuto fare, copio e incollo l'ultima parte del comunicato stampa di Amnesty International di ieri, 9 dicembre 2008.

"È arrivato il momento che i governi riparino a sei decenni di fallimenti nel campo dei diritti umani e diano seguito alle loro promesse." - ha concluso Irene Khan.
Ulteriori informazioni

I passi avanti nel campo dei diritti umani conseguiti negli scorsi sei decenni comprendono:
l'adozione di trattati internazionali e di legislazioni nazionali;
il riconoscimento dei diritti delle donne e dei bambini;
la creazione del Tribunale penale internazionale e i procedimenti per crimini di guerra e contro l'umanità da parte dei tribunali internazionali e, in alcuni casi, di quelli nazionali;
l'istituzione dell'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite e, in alcuni paesi, di commissioni nazionali sui diritti umani;
la fine dell'uso della pena di morte in oltre due terzi del pianeta;
i progressi nel controllo delle armi;
un forte appoggio della società civile ai diritti umani, come attraverso la rete mondiale dei difensori dei diritti umani e delle organizzazioni per i diritti umani.
I fallimenti comprendono:
le massicce violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario nei conflitti armati;
l'aumento degli attacchi dei gruppi armati e dei gruppi terroristici contro i civili;
la violenza contro le donne e i bambini, compreso il reclutamento dei bambini e delle bambine soldato;
la negazione dei diritti economici e sociali a milioni di persone che vivono in povertà;
la corruzione e l'iniquità dei sistemi giudiziari di molti paesi;
l'uso della tortura e di altre forme di maltrattamento;
la negazione dei diritti dei rifugiati e dei migranti;
gli attacchi agli attivisti, ai giornalisti e ai difensori dei diritti umani;
la soppressione del dissenso in molti paesi;
la discriminazione sulla base della razza, della religione, del genere e dell'identità.

FINE DEL COMUNICATO Roma, 9 dicembre 2008


In tempi di crisi economica globale, di povertà crescente, di grandi movimenti migratori, di cambiamenti troppo rapidi negli equilibri sociali interni, credo che ci siano troppe tentazioni di calpestare certi diritti e di consentire ingiusti privilegi, dunque di correre il rischio concreto di compiere passi indietro nell'acquisizione dei diritti umani. Ricordiamocelo e ricordiamolo a chi ci governa!
Una buona serata a tutti da parte mia!

lunedì 8 dicembre 2008

Falsa domenica

Mi sento un pò persa, oggi. Non è domenica, ma è più malinconica della domenica, questa giornata. E' umida e fredda, con tanta noia che si spalma su tutto, e senza prospettive per la serata... :-(
Sarà che penso ancora a domenica scorsa..
Che bella che è stata, domenica scorsa! Così particolare ed entusiasmente con poco! Solo rosmarino e salvia da scambiare con zuppa di castagne..E uova fresche per la torta, e poi semi e pianta di cardamomo...E infine i dvd con i film che mi presta L. , con tutto il mio pregustare di discuterne insieme mangiando cioccolata alla menta...
Mannaggia a me e a quando faccio paragoni!
Mi sembra una fregatura questo 8 dicembre! Falsa domenica, caricatura di domenica! Mi rallegro solo scrivendo queste sciocchezze qui, consapevole d'essermi instupidita davanti al monitor, ma incapace di evitarlo! :-)
Non fate caso a me, buona serata e buon inizio di settimana a tutti da parte mia!

venerdì 5 dicembre 2008

Impunità e privilegi

"L'Italia è una Repubblica fondata sulle impunità e sui privilegi"
Penso che, onestamente, sia giusto dire così..:-( L'idea m'è venuta leggendo il post di Dario su la pedagogia dei diritti inviolabili.
Son tante le cose a cui penso, che mi suggeriscono di ripensare la Costituzione in quel modo. Ma, in questo momento, due mi colpiscono più di altre.
Una: quello che è successo tra le Procure di Salerno e Catanzaro, dove chi è oggetto di indagine blocca l'indagine contro sé stesso, accusando l'altro (!!?!!) di eversione..Con l'unico risultato di sviare l'attenzione di tutti verso questi giudici-casta che fanno baruffa tra loro e...la giustizia che se ne va a puttane, con tutto il rispetto per le puttane...(scusate il linguaggio, ma quando mi incazzo non riesco ad edulcorare un bel niente..)
Due: l'ennesima dimostrazione del potere della Chiesa nel nostro Stato. E' bastato minacciarla, la protesta, perchè il governo annunciasse subito marcia indietro! Proprio come con la protesta del mondo della scuola contro i tagli, durata più di un mese!! ??!! Uguale !?! E comunque, a pensar "bene", la mossa di vassallaggio c'è stata, e già la dice lunga, ma..questo governo è anche bravo a pigliar per il culo un pò tutti..Quindi, solo alla lunga si vedrà quali interessi servirà, e mi sa che saranno sempre gli stessi: risparmiare da un lato, e far cassa dall'altro..ma soltanto per mantenere privilegi e impunità e quant'altro si vuole all'imperatore silvio e alla sua corte...

giovedì 4 dicembre 2008

Venere e la Luna

- "..Hai visto come sono vicini, oggi nel cielo, Venere e la Luna? -
- Si, che li ho visti! Sono bellissimi, sembra che si tocchino! ..E il cielo, pure, è stupendo!.."
Nessuna immagine, nessuna foto. Solo pensieri e occhi, i nostri, che pure non erano vicini, ma, forse, anche loro sembravano toccarsi..

E' stato l'altra sera, vero? Ma io potrei anche giurare che sia stato stasera...Oppure tra qualche mese..Chissà!..E dirtelo è solo un modo come un altro per farti un regalo..

lunedì 1 dicembre 2008

E perchè risparmiare energia?

Prima di dovermi privare del tutto del pc (modalità provvisora e pc di amici disponibili compresi) per almeno due giorni, aggiorno il blog con un argomento che mi sta a cuore: il risparmio energetico e la politica ambientale (??!!) del nostro Paese.


Lo so che ormai non c'è più nulla di cui stupirsi (in negativo ovviamente), se si guarda alla politica di questa maggioranza. Ma, che ci posso fare? Non ne ho perso il vizio. Resto un'incallita "viziosa" e mi stupisco.


Non occorre convincere nessuno della opportunità di risparmiare energia. Ne abbiamo troppo bisogno, costa cara e inquina. Occorre dunque risparmiarla. Da anni si predicano le virtù (fino ad ora da nessuno messe in dubbio) del risparmio energetico e si insegna alla gente a risparmiare energia..Ecco, ora che ce ne stavamo convincendo in tanti, arriva il governo, col decreto legge n.185 del 28 novembre scorso, e di fatto vediamo eliminate le detrazioni al 55% per chi ha impianti a risparmio energetico.
Bella lezione, che da! Non c'è che dire! Questo genere di esempi, io credo, sono più deleteri del danno in sè che arrecano a famiglie e piccole e medie imprese. Perchè resta il messaggio dato "dall'alto": "non state lì a perder tempo con questi sistemi da poveri ingenui ambientalisti, che tanto soldi per voi non ce ne sono! Chè ci sono altre cose più importanti a cui pensare; una tra tante, far utilizzare in santa pace i soldi pubblici per consentire facili affari all'italica imprenditoria amica...:-(


Andate sul sito del Kioto Club, e capirete senz'altro meglio che con le mie parole. Eccovi il link

Aggiornamento del 3 dicembre 2008
Il governo ha fatto marcia indietro sulla retroattività delle misure previste nel decreto legge. (Qui un link utile) Meno male!
Certo, però, resta il fatto che ci prova sempre, con le furberie..Non ci si può mai rilassare che la fregatura te la prepara subito, il nostro "buon" governo..

martedì 25 novembre 2008

Dove sono finiti?

Ma a voi non vengono mai in mente i vecchi lettori, quelli si ritrovavano attorno a un blog, come al bar, o in piazza, e che poi d'un tratto si son persi di vista? A me si, vengono spesso in mente..Qualcuno aveva anche il suo blog, e poi lo ha eliminato..Penso a Claudia, a Patrizia..E qualcun altro, invece, commentava spesso, pur non avendo un suo blog..Penso a Paolo, che era assiduo frequentatore del mio vecchio blog parallelo su kataweb..Dove sono ora? Stanno bene? Si..io penso di si, spero di si..
" Io ho un blog, dunque sono", si tende a pensarlo, anche se ovviamente non è così..Il fatto è che certi rapporti sono veicolati solo dal blog...Dunque mancando l'apparire sul blog, sembra quasi che ci si sottragga all'esistenza stessa..Invece, molto più semlicemente, e banalmente, si saranno stufati dei soliti posti e delle solite persone..E hanno cambiato aria..Posso capirli, se è così. E possibilmente ora sono in luoghi simili, con nick diversi..con o senza il proprio blog al seguito..Oppure hanno fatto scelte drastiche che li portano ormai lontani dal web..Quest'ultima cosa mi sembra la meno probabile..
In ogni caso, mi mancano..Lo ammetto. Anche se io stessa in certi momenti avrei preferito la novità di lettori sconosciuti, e pure se non frequentavo più abitualmente certi blog (a volte ci si stanca degli eccessi, di visite, o di contenuti a senso unico..), ora ne sento la mancanza...Queste perone sono rimaste nei miei pensieri...Chissà se leggono ancora, guardando senza avvicinarsi?..Chissà!...
Una buona notte da parte mia...e...stasera accettatemi così, nostalgica così..

lunedì 24 novembre 2008

Rischi inaccettabili

C'è da rabbrividire a leggere certe cose!
Basilicata, un' elementare costruita con la sabbia.
In Basilicata c'è una scuola costruita con la sabbia. Quasi senza cemento. Una scuola elementare, Si trova a Scanzano Jonico, in provincia di Matera. E' attiva da 21 anni e per i tecnici, incaricati dalla Regione di studiame la staticità, è un miracolo che sia ancora in piedi. Dalle analisi, infatti, risulta che i pilastri del primo piano sono stati realizzati utilizzando cemento solo nella misura del quaranta per cento, Il resto, appunto, è sabbia. Quando il sindaco del paese, Salvatore Iacobellis (esponente locale del Pd) l'ha saputo, quasi non ci voleva credere. «Una pazzia, una pazzia». Un istituto con 18 classi, 400 bambini e 70 insegnanti. Se la Regione non avesse avviato una verifica degli edifici scolastici a rischio sismico, nessuno se ne sarebbe mai accorto. Così, per non chiedere più aiuto alla fortuna, il primo cittadino, poco prima dell'inizio dell'anno scolastico, ha firmato un'ordinanza urgente di chiusura. E di sgombero. (da rassegna stampa del ministero dell'economia e delle finanze che trascrive l'articolo di Giuseppe Caporale su "la Repubblica" di oggi. Qui il
link)
Certo, questo è il caso più eclatante, ma sono troppe in Italia le scuole a rischio..
Lo dico qui: sono ancora molto scioccata da questa tragedia di Rivoli! Non si può pensare di mandare un figlio a scuola e di non vederlo mai più tornare...
Non sono in vena di polemiche, ma semplicemente è intollerabile che le istituzioni (da quelle nazionali a quelle locali) risparmino proprio sulla sicurezza degli edifici scolastici! E che con tanti provvedimenti che ormai ci sono, per snellire le procedure burocartiche, non ve ne siano ancora per semplificare quelle che riguardano l'utilizzo di fondi, pur stanziati, per la messa in sicurezza delle scuole!(vedi le dichiarazioni di Bertolaso, su "La Stampa.it" di oggi)..


venerdì 21 novembre 2008

Normale

"Normale", usiamo spesso questa parola, di solito con un'accezione positiva. E sembra che tutti ci si intenda sul suo significato. Eppure, a ben riflettere, non è così scontato capirsi quando si usa questo termine.
Non mi va di disquisirne in modo dotto. A parte che non ne ho le competenze, il fatto è che non è questo aspetto linguistico che mi interessa. La mia è piuttosto, o soltanto, una riflessione "a voce alta" su questa parola.
Vita normale, persona normale..Quante volte lo diciamo riferito a noi stessi, magari per vantarcene, o, perlomeno, per distanziarci da chi si presume che non lo sia. Già, e chi è che non è normale?
Fino ai miei 20-25 anni ho considerato normale chi non aveva disturbi mentali o menomazioni fisiche, ad esempio, o chi non usava droghe, o chi si sposava-aveva-un-lavoro-e-faceva-figli, e cose così..Ci ho tanto creduto che mi son "costruita" anch'io come persona "normale"! Com'è semplicistico e banale, però, ridurre la normalità a questo! Occorre contestualizzare, altrimenti si resta intrappolati in una dubbia idea di perfezione, o in un cieco egocentrismo, o etnocentrismo, che magari saranno anche rassicuranti, ma a ben guardare possono arrivare a fare rima con "conformismo", o con "razzismo"..Dunque sono ormai portata a pensare che non sia una categoria così utile a declinare i fenomeni sociali, quella della normalità. Rischia di falcidiare troppe cose (e persone..). E poi penso anche che sia una specie di chimera se la si pone davvero come meta personale...
Comunque nel dubbio, ora che di anni non ne ho più (da poco..:-) 25, alla normalità non miro più, e m'accontento di tenermi in equilibrio come posso schivando gli "ismi" vari..
E voi? Che idea avete della normalità?

mercoledì 19 novembre 2008

Pigra, ma ottimista

Sono pigra, in questo periodo, o avara di parole sul blog, dipende dai punti di vista. O sono entranbe le cose. O forse sono semplicemente troppo impegnata a passare le mie giornate tra solito stress, gatte da pelare (in questi giorni un di più del "normale") e ostinazione personale a mantenere il mio "spazio".
Una notizia, però, ha destato la mia attenzione e mi ha scosso da questo blog-torpore. :-)
Si tratta della testimonianza di quella ricercatrice, "Lucia", che in una mail al Corriere della Sera, racconta la sua vicenda, di come sia entrata con un concorso ad hoc e di come sia riuscita a riscattarsi con le sue sole capacità. Ecco il link all'articolo, lo metto anche se ormai in molti lo avrete già letto.
Queste parole mi hanno colpito particolarmente: mi chiedevo in continuazione: sono un dottorando perché sono veramente dotata in questo campo o perché sono l'assistente di con la borsa finanziata da? Le sembrerà banale e invece è un punto chiave: quel che i dottorandi si sentono dire è infatti che, in virtù della mancanza di risorse, «vanno create le occasioni» per poterli mandare avanti.Mi domandavo: mi mandano avanti perché sono brava, o sono brava perché mi mandano avanti? Inutile dirle infatti che io ricerca, negli 8 mesi che resistetti, non ne feci mai. Feci solo, e tanta, assistenza. Senza mai sentire NESSUNO lamentarsene oltre misura. E, dopo aver saputo di come Lucia sia riuscita a vincere da sola altri concorsi e ad esser notata semplicemente per il suo curriculm, queste altre sue parole m'hanno dato una buona dose di ottimismo: Sono passati tanti anni e quel che vorrei dirle in sostanza è questo: il cambiamento vero partirà dalla volontà e dal senso di dignità dei singoli di non accettare il compromesso cui le università italiane chiamano la nostra coscienza. Essere un buon ricercatore significa avere gli standard per lavorare non in quell'ateneo o quel dipartimento, ma nel mondo. La conoscenza appartiene al mondo; e quindi, a cosa serve avere il posticino messo in palio da papà, senza poi il rispetto della comunità scientifica internazionale, che è l'unico vero giudice dell'operato di un ricercatore? Mi rendo conto che è molto banale quanto le scrivo. Ma è tutto quel di cui mi sento di far da tramite e testimone, nel mio immensamente piccolo.

mercoledì 5 novembre 2008

4 novembre 2008: per sempre nella storia

Sarà banale aggiungersi al coro, ma questo coro mi piace: "EVVIVA BARACK OBAMA, primo presidente U.S.A di colore!



Comunque vada, ha fatto un gran bel pezzo di storia!

venerdì 24 ottobre 2008

Occupazione

Lo dico con la vignetta di Altan su "la Repubblica" di oggi. Esprimo con forme non mie tutto il mio sconcerto verso questo modo di gestire i problemi ed il rapporto con il Paese del nostro Presidente del Consiglio, silvio berlusconi. Ma solo per evitare eccessi ( a me e a voi), di amrezza e di bile..:-(



P.S. (delle 20,11) Visto che dal ritaglio si intravede la vignetta di ellekappa, metto pure quella (sempre da "la Repubblica" di oggi). Tanto, se silvio abbonda nelle "minch..te" irresponsabili, perchè non abbondare qui nelle vignette?



mercoledì 22 ottobre 2008

Vicki Cristina Barcelona


Vicky Cristina Barcelona, l'ultimo film di Woody Allen. L'ho visto e ve ne parlo. Però ometto la trama. Non mi va. Tanto c'è anche su Wikipedia. Vi metto il link.
Sintetizzando al massimo, questo film sembra un classico della filmografia di Woody Allen. Al contrario di come è invece apparso quel geniale "Match point", di qualche anno fa, che si discostava in parte, se non altro nel genere (un giallo) dagli schemi cui ci aveva abituati Woody Allen fino ad allora. In Vicky Cristina Barcelona, uscito nelle sale cinematografiche venerdì 17 ottobre, ritroviamo tutti i temi ricorrenti cari a Woody Allen. Le sue tipiche fissazioni, di uomo e di regista, ci sono tutte: l'interesse per la psicoanlisi e le nevrosi dei nostri tempi, il gusto per l'arte , il focus sulle relazioni tra uomini e donne e sulle storie d'amore contorte in particolare, un certo narrare didascalico, la caratterizzazione borghese e perbenista di alcuni, di contro alle tendenze alla trasgressione di altri personaggi della storia. Si, mi pare di non aver dimenticato nulla. Poi c'è un bel vedere, di attrici e di attore ;-) e c'è la bella "location", la fascinosa e intrigante Barcellona. Infine, si ascolta una gradevolissima colonna sonora in spagnolo che scandisce il ritornello, "Berselona", tante di quelle volte, piacevolmente, che poi ti resta incollato nella testa e ti ritrovi a uscire dalla sala canticchiandolo, in buona compagnia :-)
Impressioni personali? Un film intressante ma anche un pò deludente. Mi ha fatto riflettere su certe complessità dell' amore, che non sono poi così inconcepibili come potrebbe sembrare banalmente pensando, anzi. E qui ho in mente soprattutto quel "qualcosa", il "sale", necessario ai due artisti spagnoli protagonisti (amanti violenti ed ex coniugi) per funzionare come coppia. Non vi dico altro su questo "ingrediente", per non togliere troppo al gusto di di assaporare voi la storia.
Alla fine, tuttavia, Vicky Cristina Barcelona mi è sembrata una pellicola pò noiosa, con poco mordente. Specie se si considerano le potenzialità di film coinvolgente e intrigante cui poteva aspirare data la trattazione di certi temi di per sè ammiccanti, come il triangolo amoroso (più d'uno, in verità, e intrecciati tra loro per di più) e la presenza di certe scene di trasgressione, peraltro eccessivamente pubblicizzate, come il bacio saffico tra le due bellissime, la bionda Scarlett Johansson e la mora Penelope Cruz. Ma forse non è solo per questo che il film non è di quelli che ti rapiscono incollandoti alla poltrona. Probabilmente il "guaio" è che resta un film troppo americano per suscitare una visione appassionata. Perchè è vero che è ambientato nella solare e caliente Barcellona e che le passioni amorose e le trasgressioni ci sono, ma sono viste con l'occhio "tiepido" del newyorkese colto e raffinato. Insomma, non vorrei essere fraintesa: il film può lasciare anche ad altri, oltre che a me, queste impressioni, ma è comunque un bel film, di qualità, come tutti i film di Woody Allen, e vi consiglio di vederlo. Inoltre gli attori sono tutti all'altezza, e bravi. Ognuno ha caratterizzato bene il suo personaggio. A questo proposito, me ne stavo dimenticando, i migliori sono stati, secondo me, Javier Bardem, (bellezza e fascino di maschio mediterraneo, di quelli che, ad una siciliana come me, posson sembrare perfino "comuni" e "familiari" ;-) :-), Penelope Cruz, sempre molto intensa, e Rebecca Hall, bellezza scialba solo in apparenza. Quest'ultima ha reso molto bene il suo ruolo, ingiustamente, a mio avviso, considerato di secondo piano. Un pò meno brava e più scontata una delle due principali protagoniste, Scarlett Johansson, che però è indubbiamente la più bella. (Per inciso, se fossi uomo, non vorrei però decidere chi considerare più bella delle altre ;-)
Vi lascio con un video dove trovate la colonna sonora e tante vedute di Barcellona, ma niente scene, e niente attori. Per quello, pensateci voi :-)




sabato 11 ottobre 2008

L'orologio degli dei

Oggi mi ha tenuto compagnia. Ho ascoltato questo pezzo un sacco di volte, mentre leggevo, mentre scrivevo e mentre..spolveravo :-) E non me ne sono stancata. Così ho pensato che avrei ben potuto "contagiarvi"questo entusiamo! :-)
Buon fine settimana da parte mia!


P.S. Potete metterlo anche a icona (tanto l'immagine è fissa) e ascoltarlo, pure voi come me, mentre fate i vostri soliti "giri" sul web ;-)

martedì 7 ottobre 2008

La mostarda

Oggi vi scrivo una ricetta. Proprio così, una ricetta di cucina tradizionale siciliana, nella versione che si usa dalle mie parti, ai piedi dell'Etna, verso lo Jonio. Parlo della mostarda, quella di mosto d'uva, che io trovo squisita (ne sono ghiottosissima! :-) e che m’ha preso l’intero week-end appena trascorso! Ma, vi assicuro, ne è valsa la pena! Consideratela pure una ricetta per l’anima! Un vero toccasana contro stress, stanchezza, apatia, ecc... Ve la scrivo semplicemente così, riportandovela come l'ho preparata io, seguendo le indicazioni di mia madre (classe 1931), che a sua volta ha appreso da sua madre, ecc, ecc...
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Andate in una cantina in campagna durante la vendemmia e, mentre dal torchio cola il mosto nella tinozza, prendete una pentola (piuttosto grande..da 10 litri circa) e versatevi la quantità di mosto che volete, pochi o tanti litri, dipende dalla golosità e dal tempo che avete a disposizione. Poi versatevi dentro cenere di “sarmenti” (i rami di vite), fatti bruciare in precedenza, in una proporzione approssimativa, ad esempio alcune manciate per litro, chè tanto va sempre bene ugualmente, secondo il principio del “se è assai, è meglio che poca”. Cuocete il mosto con la cenere almeno mezz’ora, ma, anche qui la misura di tempo è approssimativa, e il principio è lo stesso di prima. Comunque, volendo, un sistema c’è, per essere sicuri di non sbagliare i tempi. Si può utilizzare la cottura di una pera immersa nel mosto come unità di misura di giusta cottura: quando la pera è cotta, anche il mosto con la cenere è cotto a sufficienza. Fatto questo, lasciate decantare il mosto alcune ore e dopo colatelo e “percolatelo” una seconda, o anche una terza volta, utilizzando uno strofinaccio da cucina a trama fitta.
Finita questa prima parte preliminare, che è di fondamentale importanza, e che va fatta subito dopo la torchiatura, o, al massimo, dopo qualche ora, altrimenti il mosto si inacidisce, procedete alla preparazione vera e propria della mostarda. Innanzitutto misurate quanti litri è risultato essere il mosto cotto con la cenere e filtrato. Dopodichè si dosa l’amido di farina, nella proporzione di 100 gr. per litro, lo aggiungete al mosto e lasciate riposare il tutto per una mezz’ora-tre quarti d’ora. Infine, rimescolate bene, fino ad ottenere una soluzione ben amalgamata, e iniziate la cottura a fuoco lento, rimescolando per tutto il tempo con un cucchiaio. Armatevi di pazienza perchè ci vuole circa un'oretta. Ma state tranquilli, che, se non avete combinato qualche pasticcio nel frattempo, vedrete il mosto farsi a poco a poco scuro e addensarsi, fino a "trasformarsi" in mostarda, cremosa e "collosa"! :-)Una volta pronta potete versarla nei piatti, o in ciotoline, come volete, come fate con la crema. E quando avrete finito di "impiattarla", procedete pure senza freni alle "irrinunciabili" operazioni di pulitura-leccamento della pentola, con utilizzo a tutto spiano del dito passato su pareti e fondo, minuziosamente leccato con goduria! :-)
Se volete, potete mettere la mostarda nelle apposite forme di terracotta (io ne ho alcune di mia nonna, dei primi del 900, di cui sono gelosissima). Quella messa nelle forme è in effetti la mostarda più tradizionale, che , una volta cucinata, va fatta poi essiccare a lungo in un luogo fresco e asciutto, disposta sui "musciari" (specie di tavole di canne intrecciate). Secondo i miei gusti, la mostarda secca e "gommosa" (da consumare dopo qualche mese, ma che si conserva bene anche dopo qualche anno) è quella più buona! Provate e fatemi sapere, se volete! :-)
Ah! Dimenticavo, affinchè la ricetta della mostarda riesca bene, oltre che per il palato, anche per l'anima, è consigliabile partecipare prima a tutte le operazioni della vendemmia e seguire il ciclo dell'uva, dalla raccolta al mosto, passando per la pigiatura e la torchiatura. E, naturalmente, fare tutto per diletto, svincolati da "obblighi" di qualsivoglia natura! :-)

P.S. dell'8/10/2008, ore 22,35
Se volete un "assaggio" di mostarda, venite qui :-)

venerdì 26 settembre 2008

Dominante e sbrigativo

Dominante e sbrigativo: non è il sintetico profilo di un uomo in un rapporto di coppia (come per esempio penserei io :-) se leggessi fuori contesto queste due parole. Ma soltanto il mio voler utilizzare (ammiccando, lo ammetto :-) due soli termini per condensarvi il contenuto dell'interessante analisi di Michele Serra esposta nell' articolo “Il mondo facile della politica format”, pubblicato su “la Repubblica” del 24 settembre 2008, ed anche su Micromega-online.
Allora, ve lo riassumo, riportandone i passi salienti con caratteri colorati (oltreche "virgolettati")
Prima di Michele Serra, circa una settimana fa, Edmondo Berselli, nel suo articolo “Quando la politica diventa un format” (“la Repubblica” del 18 settembre 2008) aveva parlato del semplificare facile proprio della politica dell’attuale governo italiano. Ed aveva individuato nell’espressione “format” quella che meglio ne caratterizza gli orientamenti e le ragioni del largo e duraturo consenso.
La politica sarebbe dunque ormai diventata un “modello” che si propone (o impone) proprio come un “format”, del tipo di quelli delle trasmissioni televisive di successo.
Nel suo articolo, Michele Serra sviluppa le ragioni per cui, se la politica è un “format”, i suoi capisaldi non possono che essere la semplificazione ed il trionfo del pensiero sbrigativo.
Se perciò di modelli conviene parlare, specialmente se “televisivi”, è fuor di dubbio che si ha bisogno di schematizzare. Questo lo ha capito sicuramente il nostro centro-destra (e il suo capo prima di tutti), che si è sempre guardato bene dal complessificare-differenziare-individualizzare-capire-... Ed è sempre andato giù dritto a colpi di decisionismo e divisioni nette della società in “buoni e cattivi”, “fannulloni e lavativi”, “italiani e immigrati”, ecc., con la conseguente stigmatizzazione di capri espiatori, a cui addebitare le ragioni di ogni male italiano, e contro cui scagliare il malessere e la rabbia dei cittadini. Questi, dal canto loro, hanno dimostrato (e dimostrano) fastidio e avversione per qualunque azione e/o teoria che parta, ed accetti, la complessità. La sinistra italiana, invece, ha sempre avuto, come dire? familiarità con la complessità, ne ha fatto la chiave di volta per sostenere le sue tesi interpretative della società.
Beh, stando così le cose, non ha speranze di successo. Ma non è l'insuccesso della sinistra la vittima più eccellente del semplificazionismo generalizzato e imperante.
Il mito della “semplicità” travolge le basi della cultura stessa perchè, ci spiega Serra, riduce ad inutili zavorre, o ad orpelli da salotto, tutti gli elementi critici di comprensione del reale.
“La pedagogia e la didattica, così come sono andate evolvendosi nell’ultimo mezzo secolo, sono avvertite come discipline di sinistra, non tanto e non solo per il tentativo di sostituire alla semplificazione autoritaria orientamenti più aperti, a rischio di permissivismo sessantottesco. Sono considerate di sinistra perché complicano l’atteggiamento educativo, aggiungono scrupoli culturali ed esitazioni psicologiche, si avvitano attorno alla collosa (e odiatissima) materia della correttezza politica, esprimono un’idea di società iper-garantita e perciò stesso di ardua gestione, e in buona sostanza attentano al desiderio di tranquillità e di certezze di un corpo sociale disorientato e ansioso, pronto ad applaudire con convinzione qualunque demiurgo, anche settoriale, armato di scure.
In questo senso la proposta Gelmini è quasi geniale. L'idea-forza (..) è che gli arzigogoli “pedagogici", per giunta zavorrati da pretese sindacali, siano un lusso che la società non può permettersi. Il vero “taglio”, a ben vedere, non è quello di un personale docente comunque candidato – una volta liquidati i piloti, o i fannulloni, i sindacalisti o altri – al ruolo di ennesimo capro espiatorio. Il vero taglio è quello, gordiano, del nodo culturale. La nostalgia (molto diffusa) della maestra unica è la nostalgia di un'età dell’oro (irreale, ma seducente) nella quale la nefasta “complessità” non era ancora stata sdoganata da intellettuali, pedagogisti, psicologi, preti inquieti, agitatori politici e cercatori a vario titolo del pelo nell’uovo.” (..) “Una società che non prevedeva don Dilani, non Mario Lodi, non Basaglia, ovviamente non il Sessantotto, e dunque, nella ricostruzione molto ideologica che ne se ne fa oggi a destra, è semplicemente caduta vittima di un agguato “comunista”. (…) “Se la pedagogia “permissiva” esiste, non è perchè il disagio di parecchi bambini o la legnosità e l’inadeguatezza della vecchia didattica richiedevano (già quarant’anni fa) di essere individuati e affrontati, ma perché quello stesso problema è stato “creato” da un ceto intellettuale e politico malevolmente orientato alla distruzione della buona vecchia scuola di una volta.”
(..) "il trionfo del pensiero sbrigativo", per meglio affermarsi, necessita di un disprezzo uguale e contrario per il pensiero complicato,(..) per il latinorum castale di politici e intellettuali libreschi, barbogi, causidici, che usano la cultura (e il ricatto della complesità) come un sonnifero per tenere a freno le fresche energie "popolari" di chi ne ha le scatole piene dei dubbi, delle esitazioni, della lagna sociale sugli immigrati e gli zingari, sui bambini in difficoltà, su chiunque attardi e appesantisca il quotidiano disbrigo delle dure faccende quotidiane. Già troppo dure, in sé, per potersi permettere le "menate" della sinistra sull'accoglienza o il tempo pieno o i diritti dei gay o altre fesserie.
La sinistra ha molto di che riflettere. (...) Se questa destra continuerà a vincere, a parte il marketing non si vede quale delle discipline sociali possa sperare di riacquistare prestigio, e una diffusione non solo castale o accademica. Perchè(..) è molto più rassicurante, convincente, consolante pensare che le buone maestre di una volta, con l'ausilio del cinque in condotta e di una mitraglia di bocciature, possano mantenere l'odine e "educare" meglio i bambini ipercinetici, e consumatori bulimici, che la televisione crea e che la propaganda di destra ora lascia intendere di poter distruggere, perchè è meglio avere consumatori docili (clienti, come dice Pennac) piuttosto che cittadini irrequieti. E' meglio avere certezze che problemi.
E' molto più semplice che il mondo sia semplice, non fosse che per una circostanza incresciosa per tutti: che non lo è. Il mondo è complicato, l'umanità pure, i bambini non parliamone neanche. Se le persone convinte di questo obblogatorio, salutare riconosciento della complicazione non trovano la maniera di renderla "popolare" (..) vedremo nei prossimi decenni il progressivo trionfo dei semplificatori insofferenti, dei Brunetta, delle Gelmini, delle Palin. Poi la realtà, com'è ovvio, presenterà i suoi conti, sprofondando i semplificatori nella stessa melma in cui oggi si dibattono i poveri complicatori di minoranza. Nel frattempo, però, bisognerebbe darsi da fare , per sopravvivere con qualche dignità nell'Era della Semplificazione, limitandone il più possibile i danni, se non per noi per i nostri figli che rischiano di credere davvero, alla lunga, al mito reazionario dei bei tempi andati, quando la scuola sformnava Bravi Italiani, gli aerei volavano senza patemi, gli intellettuali non rompevano troppo le scatole e la cultura partiva dalla bella calligrafia e arrivava (in perfetto orario) alla più disciplinata delle rassegnazioni. Cioè al suo esatto contrario."


Note a margine
La parte "costruttiva" di questa analisi (che non è solo interssante per i contenuti, ma anche per il modo efficace e disinvolto di padroneggiare la nostra lingua e la nostra storia) credo stia tutta in quell'invito a rendere "popolare" la complessità, pena la fine della sinistra e, ancor di più, il suicidio della cultura, quale bagalio critico di conoscenza. Io, almeno interpreto così il messaggio finale di Serra. Ma, allora, se questo è, io, che mi sento di sinistra, ma che non mi riconosco più nei noti uomini politici italiani che la rappresentano, vorrei tanto vedere una rinascita "popolare" della cultura della complessità, a partire dalle istanze egualitarie e democratiche caratterizzanti della sinistra. Pretendo troppo? E, poi, vorrei vedere crescere un associazionismo di sinistra che non sia fatto solo da intellettuali che si parlano tra loro in una atmosfera da cospirazione segreta, come acutamente notava un amico con cui discutevo qualche giorno fa. Vorrei anche vedere, ad esempio, dei siti web di sinistra veramente "vivi", cioè ricchi di contenuti ed accoglienti, aperti a tutti, e non solo a pochi, selezionati "iniziati". Chiedo troppo? Infine, sono d'accordo che la semplificazione della complessità a colpi di accetta è come la quadratura del cerchio, ma vogliamo riconoscerlo, TUTTI, anche Serra, che pure noi "di sinistra" ci siamo rotti le scatole delle esitazioni e degli eccessi di scrupoli di tantissima parte della sinistra? Che anche l'eccesso di complessificazione del reale-complesso è un male che va "curato"? Proprio con la medicina della "popolarita" ? E con quella della "esemplificazione", aggiungo io (che è cosa diversa dalla semplificazione), come farebbe un bravo insegnante, che non solo conosce la sua materia, ma la sa anche "porgere" ai suoi alunni? In modo semplice e possibilmente con esperimenti di laboratorio, che, "tradotto", significa, secondo me, il fare proposte politiche in modo partecipato, tenendo in debito conto le sperimentazioni e le esperienze acqusite?

Io non penso che tutto ciò sia chiedere troppo alla politica, ed alla sinistra in particolare. Anzi. Credo che proprio la rassegnazione al "meno peggio" e il diffuso sentimento di delega abbiano portato alla situazione attuale, per cambiare la quale , io credo, non ci resta che avere fiducia nelle nostre convinzioni, e capacità di essere "popolari", cioè "compresibili" e al fianco della gente.

Pensieri di pioggia

Oggi cambio registro. Mi prendo una pausa, di leggerezza, evasione e..umidità :-)
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PENSIERI DI PIOGGIA

Con la mano sotto al mento, guardo le gocce che rigano il vetro.
Scendono lente, dapprima, come timide lacrime che solcano il viso.
Poi si abbandonano, liberatorie, in una corsa sfrenata e scrosciante.
Gocce salate, gonfie di malinconia. Oppure tiepide e dolci, colme di gioia.

Avvicinati, dai! Ti offro la pioggia.
Ce ne sazieremo, i nostri occhi e i nostri corpi, fino allo sfinimento.
E, vedrai, se pure non è felicità che sfioreremo,

sarà vera, e sarà nostra.

venerdì 19 settembre 2008

Informazione "fantastica" e "Paura liquida"

Ho letto due articoli troppo interessanti, oggi, su "Il Venerdì" di Repubblica per non riportarli qui, nel mio blog e "catturarli" nella mia "collezione"! Peraltro trattano temi che possono ben collegarsi tra loro, pur da due prospettive diverse, l'una giornalistica, l'altra sociologica.

Innanzitutto c'è un interessante articolo di Giorgio Bocca che descrive molto efficacemente la società italiana dei nostri giorni, dove il giornalismo d'inchiesta ha ceduto il posto ad una "informazione creativa" (dico io), o, meglio, al "fantastico"(dice meglio Bocca).
E' abbastanza breve. Penso che ne valga la pena, lo riporto quasi integralmente.
"Il sociologo De Rita è dell'idea, poco incoraggiante per i contemporanei, che la società italiana sia una mucillagine, una pasta informe, indefinibile, dove è impossibile distingure il buono dal guasto. Lo è certamente, a giudicare dall'informazione, da ciò che passano i giornali e le tv. E' mucillagine il catastrofismo dilagante che si alterna al miracolismo, nello stesso articolo i mutamenti climatici seri, preoccupanti, mescolati al rifiuto isterico di ogni mutamento. (...) Siamo tornati all'anno Mille, alle paure irragionevoli per la fine del mondo. Nel vecchio mondo l'gnoranza era causa di sciagure, ma nell'attuale onnipresenza dei media le ansie e i timori del peggio arrivano da ogni parte.
Il vicino enigmatico, il visibile che non si spiega, il drammatico di fronte a cui siamo impotenti, questo contemporaneo che ci arriva in casa ma che ci resta estraneo, questo fiume di notizie su Paesi ignorati, su genti ignote, fa si che la nostra vita consista in un perenne, insopportabile vagare fra l'estraneo e l'approssimativo. L'Ossezia? L'Inguscezia? La minoranza turca del Sikiang? I talebani? Ma quali, del Pakistan o dell'Afganistan? E perchè mai quelli algerini ricominciano con le stragi? L'informazione logorata dalle paure, del nulla e del vero, si abbandona ad un ballo di San Vito. Oggi tutti media si occupano del meretricio universale, domani della castità che torna fra le dive del cinema, oggi corre dietro i fiumi di droga, domani fa parlare i maniaci che scambiano droga, per il diavolo.
La ricerca del vero, la voglia d'inchiesta cede il campo al fantastico. Vengono descritti come venusiani anche i turisti russi arricchiti dalle mafie. Tutto nell'informazione deve essere drogato, inspiegabile, contraddittorio. La fortuna politica dell'uomo che ci governa avrà molte ragioni, ma certamente c'è la facoltà di inventare il proprio personaggio provvidenziale: "Ho telefonato a Putin ho evitato la guerra mondiale".

E, continuando a "drogarci", quale droga migliore c'è di quella della "paura" di un "nemico" per sedare le menti, ma anche, all'occorenza, per eccitare gli animi dei governati?

Zygmunt Bauman, nel suo "Paura liquida", parla di dipendenza dalla paura. Nell'intervista di Paola Zanuttini pubblicata sullo stesso numero di oggi del Venerdi" di Repubblica, il sociologo di origine polacca, afferma che la paura, è vero, ha sempre accompagnato il cammino dell'umanità, ma mentre prima, in epoca premoderna, la paura si declinava con nomi di cose e di animali concreti, come "il lupo", "i briganti", ecc.., ora le paure "sono fluttuanti, disancorate. Non sappiamo da dove vengono, nè dove e quando saremo colpiti. (..) Ogni edizione dei quotidiani aggiunge nuove voci al nostro elenco delle paure. C'è poi una netta differenza nel rapporto tra aspettative e realtà: i nostri avi si erano riconciliati con la temibilità del mondo, l'inevitabilità della sofferenza e l'ubiquità del male, e credevano anzi che così dovesse essere: per scontare il peccato originale" - E adesso invece? "Siamo nati in un mondo che che ha proclamato la fine imminente di ogni pena e sofferenza, e quindi anche dei motivi per temerle. La modernità ha dichiarato guerra alla paura: non a caso Freud ha definito la civiltà come un marchingeno per infondere sicurezza, o dare la sensazione di essere protetti: E, invece, giorno dopo giorno, siamo sempre più subissati da eventi che ci dimostrano il contrario" (..) La natura è tutt'altro che domata o controllata dalla ragione, mentre proprio le azioni umane, con la loro pretesa razionalità, portano a conseguenze che ricordano da vicino la furia spaventosa e imprevedibile della Natura." E veniamo ai politici. I politici, in particolare, ce l'hnno per "mestiere" di offrire protezione (mi viene in mente che anche i mafiosi che chiedono il pizzo, ce l'hanno..Ma questa è una'altra storia..O forse no..) Continua Z. Bauman, "per buona parte della storia moderna, le incognite ansiogene contro le quali lo Stato prometteva la sua protezione erano per lo più legate agli imprevedibili capricci del mercato occupazionale: il rischio di perdere il lavoro(..) il pericolo di cadere nell'indigenza, di rimanere senza cure in caso di malattia e senza aiuto nella vecchiaia, di non potere crescere i propri figli o garantire un tetto alla famiglia. Oggi questa premessa è sempre più disattesa dagli Stati, che lasciano ai singoli individui la responsabilità di procacciarsi i mezzi di sussistenza, una posizione sociale, un livello di vita decente. Questa tendenza a ritirarsi dagli obblighi del passato - o in altri termini, il lento ma costante smantellamento dello Stato sociale - sta erodendo la legittimazione tradizionale del potere statale".

Che così cerca nuove vie per ottenerlo?
"Si, da qui il bisogno di trovare cause sostitutive di insicurezza; talvolta, quando non bastano a generare un sufficiente capitale di paure, di crearle o di gonfiarle ad arte. (..) Il punto principale non è che non sono queste (complotti, furti, mendicità invadente, ecc.. NDR) le vere ragioni, e meno ancora le cause primarie delle paure dei giorni nostri. Hanno però il vantaggio di consentire ai politici di presentarsi in tv, a milioni di persone, come valorosi campioni a proteggere i propri elettori, sventando così per un pò il pericolo di insubordinazione popolare e del dissenzo" Com'è cambiata lidea di futuro?
"Per rispondere ci vorrebbe un libro. In qusti ultimi anni siamo stati colti di sorpresa da nuove e temibili sfide individuali e collettive, per molti versi senza precedenti" (impennata dei prezzi, rincaro dei carburanti, globalizzazione progressiva del consumismo, competizione accanita per risorse ormai scarse NDR)(...)
Previsioni a breve termine?
"Passerà molto tempo, e l'umanità soffrirà molto prima che si trovi un accordo su come affrontare queste. Lo aveva già detto Immanuel Kant più di due secoli fa: la solidarietà del genere umano non è solo un sogno bello e nobile, ma una necessità pressante, "un essere o non essere", una quetione di vita o di morte. (..) Abbiamo assoluto bisogno di una lunga e approfondita riflessione sulle nostre priorità e su come vivere la nostra vita; e forse dovremo procedere ad una revisione di fondo per entrambe le cose. Ancora una volta nella storia dell'umanità il nostro futuro sta diventando una grande incognita: il regno dell'Ignoto, dove la paura ha il suo habitat naturale. La paura può paralizzare, ma anche spingere all'azione. In nome del nostro comune futuro e di quello dei nostri figli e nipoti, dobbiamo sperar che la nostra scelta vada nella seconda direzione".

Nota a margine: le evidenziature sono mie..Spero vi siano utili, se volete accorciare..:-)

lunedì 15 settembre 2008

Una lotta contro i mulini a vento

Siamo in tanti, mi ostino a credere, a pensarla in maniera diversa da come vede/sente/parla/ragiona(?) l'opinione comune che individua nemici ovunque, che vuole giustizialismo sommario e che spinge all'odio civile. Eppure siamo solo dei don Chisciotte, che lottiamo contro i mulini a vento! Sembrano infatti vaneggiamenti irresponsabili quelli di chi predica (e agisce) la tolleranza, l'integrazione, il rispetto per la persona umana, l'uguaglianza e la giustizia. Tutto viene travolto dall'opinione comune dominante per cui se ci si indigna per una morte assurda come quella di un ragazzo italiano di colore ammazzato a sprangate per un presunto furto di biscotti e coperto d'insulti razzisti solo perchè di pelle nera allora si è "a favore" dell'insicurezza !!??!! del lasciare soli i cittadini in balia di ladruncoli o teppisti! Ma che c'entra? Niente, ovviamente, logicamente, razionalmente non c'entra proprio niente. Ma il fatto è che ormai in Italia il dibattito civico è inquinato/accecato da falsi problemi..o da false soluzioni..Cosicchè non solo non si risolve nulla, ad esempio non si proteggono davvero i cittadini dalle violenze urbane garentendo i mezzi alla giustizia per funzionare, ma paradossalmente si finisce col fomentare ulteriori violenze..proprio quelle che si pretende di combattere!!
Questo è il "quadro", sconfortante , e vergognoso, dell'Italia dei nostri giorni..E lo so che l'ho già detto altre volte, in altri post..ma purtroppo è ancora questo, e la cronaca più recente ci obbliga a vederlo..


P.S. del 16/9/2008 Dal blog di Giulia leggo e apprendo questa notizia, che anch'io linko qui. Penso che se di una cosa si legge, si sa, e se ne discute, si contribuisce a smontare quel muro di stupidità e di paura che noi "don Chisciotte" ci sforziamo di combattere..

domenica 14 settembre 2008

La prima pioggia

L'ho "bevuta" tutta, questa prima pioggia di settembre!
Dal mare, ancora immersa dentro le grandi onde grigie, paurose e tristi, ma caldissime, fino alla campgna etnea, odorosa di nipitedda bagnata, finocchietto e alloro.
Mi sento "pioggia" io stessa! E in pace col mondo! :-)
So che non è affatto così, ma va bene lo stesso, per oggi, va benissimo solo così!

P.S. Sono le 18,39, in fondo solo pochi minuti da quando ho scritto le righe di sopra. Ma piove molto più forte di prima, piove fortissimo, il rumore è assordante. La strada di casa mia è un fiume in piena, e la corrente è già andata via una volta. Penso che sia il mondo: mi starà punendo, per aver "osato" dire di essere in pace con lui..:-)

giovedì 11 settembre 2008

11 settembre: pensieri sparsi

Mi sveglio, ed è 11 settembre, del 2001.
Non è un giorno qualunque, penso: ho fatto un incubo. Ho sognato, come fosse vero, di precipitare con un aereo, e sento il vuoto mentre apro gli occhi atterrita.. La sensazione mi resta per tutta la mattinata..Nel pomeriggio, solo nel pomeriggio, accendo il televisore..E vedo aerei..e grattacieli..e fumo..E poi un familiare che mi citofana e mi fa: "l'hai accesa la televisione? E' terribile!"..
Sette anni fa l'inviolabile fu violato: gli USA, e con loro il mondo intero, colpiti al cuore. La realtà superò la fantasia più nera, e invece che un film d'azione, di quelli che gli americani sanno fare bene, erano immagini reali, più devastanti di un incubo..Io, dal canto mio, mi rendo conto che può capitarmi di presagire vagamente le cose..E capisco, insieme al resto del mondo, che gli americani non sono solo registi...o attori...
Mi sveglio alle 8, ed è 11 settembre, del 2008.
So che è un giorno particolare, e ripenso al 2001..
Accendo il pc un paio d'ore dopo,e mi ricordo di essere italiana. Oggi, 11 settembre 2008, alle 9, 15, circa, il Consiglio dei Ministri approva il disegno di legge sulla prostituzione: solo in strada sarà reato, e lucciole e clienti di strada potranno rischiare la prigione..Lo stato italiano, penso, è così che si prende cura degli ultimi, e dei più deboli: gli dà un tetto,la prigione, e per un pò gli dà "rifugio"..!!!

martedì 19 agosto 2008

Ritocchi

Oggi si ritocca tutto. Leggevo stamattina di quanto stia andando bene l'industria del ritocco. Sempre più gente ricorre ai software per eliminare, o aggiungere dalle proprie foto persone care, o che tali erano. E così via dalle foto tutti gli "ex" partner, e dentro invece i "post", o a quelli già morti. Non so a voi, ma a me ripugna una simile manipolazione. Mi sembra di ritoccare il passato, di ricostruirmelo a comodo mio..Un conto è ricostruire il presente, e pensare con altri occhi al futuro, e un altro è invece vedere il passato, che quello è, e resta, in modo distorto. E' vero, guardare certe immagini può far male, ma è come fare i conti con un lutto. Se si rimuove e basta, non lo si elaborara, e dunque non lo si supera mai.
Poi comunque, in generale, per me la foto "deve" essere reale, deve cogliere parti della realtà. Il che non vuol dire che non c'è spazio alcuno per delle "libertà". Ma queste consistono nella scelta di un dettaglio, piuttosto che un altro, di una illuminazione, piuttosto che un'altra, una angolazione frontale, piuttosto che laterale, ecc..Io non ho mai ritoccato, nè mai lo farò, le mie foto. Non ho nulla contro le tecniche di ritocco, ma per me i ritocchi sevono solo per scherzare..per fare fumetti..insomma per qualcos'altro rispetto a quel "cogliere la realtà" con un l' obiettivo di una fotocamera, che a me affascina tanto.
Tuttavia, mi rendo conto, proprio questo affannarsi a ritoccare, e non il mio "rincorrere dettagli di realtà", è perfettamente in linea con una tendenza attuale ancor più generale: quella verso il revisionismo, il "ritocco storico"...Basta edulcorare, a parole, il passato,e questo diventa "altro".. Il fascismo, così, non fu una dittatura..ed i morti per la patria pure, non sono mai esistiti..Anzi..quale Patria? L'Italia?..O la "Padania"?..O qualche altra "entità" territoriale senza storia, cui si deciderà di attribuirgli un'esistenza?..
E si, mi rassegno: sono, e resto, "fuori moda"..

giovedì 14 agosto 2008

Falò di mezz'estate

Ferragosto
Odio la folla, i rumori, i parenti chiassosi con bambini piangenti e mamme che urlano; adolescenti incollati al cellulare e nonni arresi.
Io, se potessi, andrei a mare e farei un falò. Pochi intimi, risate bagnate e sogni sulla spiaggia...



E poi..credo che scriverei così:


Scintille di fuoco

stelline danzanti

di pioggia lucente

accendono il mare.

Il buio si fa rosso

ed i sogni galleggiano

tra spuma di mare,

occhi e risate
.

lunedì 4 agosto 2008

Viaggi e Letture

Ho trascorso la giornata di ieri all'insegna del relax. Mi son persa a leggere..Ma, alla fine, il mix di relax e di lettura m'ha annoiato..Il troppo riposo fa male! :-) Comunque, prima di arrivare alla noia, ho viaggiato con la mente (almeno questi viaggi posso permettermeli..) e sono stata niente di meno che in Botnia e in Carelia. E poi in Livonia, Curlandia, Latgalia e Masuria!
No, non me li sono inventati. Questi posti esistono davvero. E si trovano ai confini orientali della Ue. Sono l'"Altra Europa", che Paolo Rumiz ha visitato nel suo viaggio-reportage lungo più di seimila chilometri (+ sette bloc-notes di ottanta pagine l'uno e un intero corredo di foto e di disegni) andando da Nord a Sud, da Murmansk a Odessa, dal nord più a nord del circolo polare artico al Mar Nero. La prima parte di questo reportage è stata pubblicata su "la Repubblica" di ieri, 3 agosto 2008.
Vi riporto qualche passo tra quelli che più mi hanno incantato. E così contribuisco anch'io ai vostri "viaggi" ;-). E, dopo la lettura di Rumiz, m'è "scappato di mente" pure qualche dettaglio di viaggio mio, che ho "incollato" alla fine. Buon viaggo! :-)


La notte d'estate è piena di treni a lunga percorrenza, bruchi luminosi che puntano a Sud; roba da settanta, ottanta ore di viaggio, treni sovraffollati da Murmansk, Omsk, Ekaterinenbug, Baku.
Che avventura. Che incontri. Un pescatore di granchi giganti e floride venditrici di panna acida e mirtilli; un rambo delle forze speciali in Cecenia diventato prete e una coppia inquilina di un'ex sinagoga trasformata in stalla dai nazisti. Ho trovato un pastore di renne in guerra con la Gazorom di Putin e uno scrittore di nome "Lupo" in una casa solitaria in fondo a un lago. Ho incrociato contrabbandieri e sommergibisti, giovani guardiamarina appena promossi e comandanti di carrette inverosimili nei mari gelidi del Nord. Su un treno ho visto una folla di donne incollarsi alle cosce pacchi di dvd e sigarette usando lo scotch come giarrettiera, e lungo un fiume una vecchia di nome Ljuba con tre caprette al guinzaglio raccontarmi la genesi del mondo. In Ucraina un branco di mafiosi ha picchiato sotto il mio naso un tassista che rifiutava di pagare il pizzo e in Bielorussia ho assistito al ballo scatenato di venti giovani parrucchiere senza uomini. (..)
Sotto la cuccetta c'è il mio vano bagagli con lo zaino e le scarpe. E' tutto quello che ho. Sei chili di bagaglio, e poteva essere anche meno. Ho viaggaiato su treni, corriere, traghetti, chiatte, talvolta in autostop e a piedi. In qualche occasione mi è capitato di maledire questa scelta - Rumiz chi te l'ha fatta fare di non viaggiare in automobile - ma me la sono cavata sempre e sempre ho incontrato qualcuno pronto a darmi una mano. Lo stato di bisogno mi ha fatto capire meglio la temperatura umana dei luoghi, le difficoltà sono diventate racconto e il viaggio s'è fatto da sé senza bisogno che programmassi nulla. (..)
Potevo andare da Sud a Nord, per evitare temperature estreme e compensare con il procedere della stagione calda i rigori del Nord. Ho scelto di fare il contrario, per dilatare la latitudine percorsa con il calendario. In questo modo, invece di trenta paralleli, è come se ne avessi attraversati cinquanta, e invece di un mese ne ho vissuti tre, quelli che intercorrono tra la fine dell'inverno e l'inizio dell'estate. Nevicava a Murmarsk, appena un mese fa, e ora grondo di sudore. Davanti a me, sul filo della longitudine, si è dispiegato un ventaglio inimaginabile di scenari. Laghi gelati e campi di grano, freddi albori tra le foreste e notti sensuali del Sud. Un viaggio "verticale", che mi ha trascinato verso il basso del mappamondo quasi per forza di gravità" (............................)

Affascinante, vero, questo viaggiare leggendo?.. A me ha fatto "vedere", come in una giostra fantastica, alcuni dettagli di viaggio che mi appartengono, e che fanno ormai parte del (mio) passato..Il "kalispera" della sconosciuta vecchietta di Corfù che saluta tutti, come si usa anche da noi ancora in certi paesini di montagna; il pesce fresco in un ristorantino di Atene frequentato solo da impiegati Ateniesi, il boccale di birra da un litro scolato (quasi) d'un fiato a Monaco, le macerie della seconda guerra mondiale insieme ai bei palazzi a Dresda, il freddo cane a luglio sulla Marmolada, e il rocambolesco cambio di vestiti e costume da bagno (a Pola |?|..non mi ricordo già più..) (ex Yogoslavia) nel marciapiede del lungomare..........e...tante altre cose cose molto più "estetiche" e immortalate nelle mie vecchie foto, o, al contrario, molto poco "estetiche" e "socializzabili", immagazzinate nella mia memoria più remota e viscerale.

venerdì 1 agosto 2008

Un raccontino per il pomeriggio

Non sono il tipo che racconta storie, o che sa scrivere racconti (infatti gli scrittori, e i poeti, hanno tutta la mia invidia :-). Ma lo scorso anno, in una giornata di vento caldo e di forzata "casalinghitudine", m' è venuto fuori questo raccontino. Ecco, visto che siamo in tempo d'estate, di pigrizia, e di pomeriggi sonnacchiosi , ve lo ripropongo pescandolo dal vecchio blog.
Buon passatempo! :-)

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Storia di F, di mare e di conchiglie *

Alle quattro del mattino, F. scese di sotto a bere una tazza di latte...Detta così sembra una cosa abituale, vero? Invece no, proprio per niente. F. non beveva latte, tanto meno a quell'ora...E poi...scendere giù, così da sola, quando è ancora notte...Di solito, se si svegliava, tratteneva persino la pipì, pur di non muoversi dal letto. Il fatto è che in quella casa, dove le toccava trascorrere tutte le estati, non si sentiva affatto a suo agio e la notte tutte le sue ansie "precipitavano" sul fondo del letto in paure di presenze...o in timore di assenze...Stare lì, lontana dai suoi (no, non i suoi genitori, quelli li aveva..), lontano dai suoi amici, quelli con cui chiaccherava il pomeriggio, a bassa voce mentre gli altri dormivano, la faceva sentire sola, terribilmente sola e senza riferimenti...Ma...Pazienza! I suoi genitori dovevano farlo, ogni estate...Era una specie di "voto", il loro, oppure una scusa...per non andare altrove...per non perdersi...Fu così che, proprio quella notte lì, quella del latte, e del bicchiere, e delle scale, e del sotto...che F. pensò così tanto di non trovarsi lì...e che quella del latte non fosse lei...che...."Che lo facesse pure, di scendere! Tanto...non era mica lei"..."Che scendesse, pure, quell'altra là, la "lattante"!"...E intanto che "vedeva" questo, come in un sogno, o come in film "estivo" di tanti anni fa, F., la "vera" F. si trovava al sole, sdraiata in spiaggia, a riposarsi dopo aver raccolto tante conchiglie, con cui poi costruiva collane da vendere a quei fessi di turisti che si vedevano d'estate. Quell'anno ne erano venuti tanti e lei aveva già guadagnato quanto nell'intera stagione, anche se era solo metà giugno...F. viveva sola. Era rimasta in quell'isola durante una vacanza fantastica che poi si era trsformata in tragedia. Durante un giro in motoscafo, i suoi si erano tuffati al largo...e un altro motoscafo, che poi si seppe guidato da un uomo ubriaco, sfrecciò vicinissimo a loro, non li vide neppure e....Finirono così...Terminarono la loro vita...in brandelli...di sangue e sale...Una cosa orribile...Tuttavia F, che non aveva altri parenti ed aveva allora circa dieci anni...non volle più tornare...Una famiglia del luogo, che lei aveva già conosciuto e che la trattava affettuosamente ogni volta che la vedeva, decise di occuparsi di tutto e di lei...con la spontaneità e la semplicità di chi non può non prendersi cura di un cucciolo trovato...Da allora erano già passati sei anni...F. era già una ragazzina sveglia e indipendente...e sembrava non ricordare, salvo tornarle alla mente, certe volte di notte, in sogno...una casa con scale...una voglia di latte e di svegliarsi....

* Il titolo l'ho messo quest'anno. Lo scorso anno l'avevo "buttata" così, senza titolo..Si vede che faccio una cosa alla volta: un anno la storia e l'altro anno il titolo.:-)

venerdì 25 luglio 2008

Piccoli piaceri estivi

Andare sul personale, ogni tanto, va bene, no? Allora..VADO!! :-)

PICCOLI PIACERI ESTIVI

- Essere finalmente in ferie :-)))))))))))))

- Aver già lavato i vestiti e il loro odore, di treno e di lavoro.

- Uscire dalla doccia e avvolgermi nel mio accappatoio nuovo (rosa a pois bianchi: quanto mi piace! :-)

- Profumarmi con qualche goccia di essenza di caprifoglio.

- Essere sola e scandire il tempo a modo mio.

- Fare pranzo con granita di caffè e mandola + brioche calda | :-) slurp!!! |

- Andare a mare alle 14 quando gli altri mangiano.

- Godermi placidamente il pomeriggio in spiaggia.

- Assaporare lo sciabordio delle onde a riva con un buon libro da leggere (come "Mille splendidi soli" di K. Hosseini)

- Fare merenda con peperoni rossi e carne grigliata
.

- Essere qui, in santa pace, davanti al pc senza dovermelo "contendere" con nessuno

Tutto qua!

E voi? Avete, come me, dei piccoli piaceri da "gustare" il primo giorno di ferie?

martedì 22 luglio 2008

Fannullona, io, tra tanti fannulloni di stato

(da "I fannulloni geniali" di Francesco Merlo) su "la Repubblica.it -Economia del 20 luglio 2008

CI FOSSE stato l'agitatissimo Renato Brunetta a capo dell'Agenzia praghese delle Assicurazioni Generali, l'impiegato Kafka che, come uno scarafaggio, si imboscava negli angoli bui e stava lì a tossire e a scribacchiare improbabili lettere al padre, sarebbe stato licenziato in tronco come fannullone. Avremmo perso una manciata di capolavori ma - vuoi mettere? - Brunetta avrebbe dato una lezione esemplare a quello spilungone dissipato di Franz che era capace di fissare a bocca aperta la vecchia Remington in preda a chissà quali incubi d'ufficio che ben sapeva utilizzare - il furbacchione - a fini letterari. Anche a quello scansafatiche di Italo Svevo Brunetta avrebbe prima decurtato lo stipendio di almeno il trenta per cento e poi lo avrebbe cacciato giudicando intollerabile quel suo doppio lavoro di scrittore clandestino senza coscienza aziendale. Ora, sappiamo bene che tra gli impiegati pubblici d'Italia non ci sono né Kafka né Svevo e forse neppure Dino Risi il quale diceva con Conrad: "Non riesco a far capire a mia moglie che, affacciato alla finestra, sto ancora lavorando". Ma sappiamo che c'è qualcosa di calvinismo strapaesano e di "tu vò fa l'americano" (o forse il giapponese), e c'è soprattutto qualcosa di ingiusto in questa ossessione del ministro non tanto contro l'otium dell'operoso Seneca quanto contro il dipendente pubblico italiano che sempre più somiglia a un imputato che ogni giorno deve provare la propria innocenza. (continua sotto)


Non è una novità che ho poca voglia di scrivere, come vedete. Ma di leggere non ho perso il vizio. Così ho riportato oggi quest'altra cosa che mi ha attratta, e di cui vi ho messo subito l'inizio. Ormai tanti l’hanno già inserita nei loro siti, ho visto. Ciò nondimeno, l’ho incollata anch’io qui, perché me la voglio tenere per me, ne vale proprio la pena. E poi anche per dare a voi la possibilità di non perdervela. Non è un semplice articolo, questo del bravo Francesco Merlo: è una riflessione equilibrata ed ironica in forma letteraria!
Prima di lasciarvi alla lettura, del seguito, premetto di mio, alcune piccole considerazioni.
L’argomento è quello della lotta ai fannulloni nel pubblico impiego. Giusta la lotta. Sbagliato vendere aria fritta (o "gettare fumo negli occhi", o "raccontare le favolette", fate voi). I provvedimenti di Brunetta sono in gran parte solo questo. Come ad esempio l’obbligo della richiesta di visita fiscale fin dal 1° giorno di malattia, che esiste già da molti anni, dal 1994. Semmai sono i soldi per farle (le visite) che mancavano, e mancano. Oppure sono solo piccoli squallidi espedienti per fare cassa, togliendoli a chi è malato, falso o vero che sia, peggio per quello vero, che si arrangi!
Da dipendente pubblica, quale io sono, ci tengo però a dire che mi sento, in questo preciso momento di storia italiana, uno strumento di coesione sociale (tutti uniti contro il nemico comune-dipendente-pubblico-fannullone) nonché una vera “fabbrica di consenso” per chi, prima e meglio di altri, individua “il nemico”. Infine, non posso più dire nemmeno di sentirmi sola. Mi fanno compagnia i rom, e pure i giudici: “nemici”, anche loro, come me, del popolo italiano, e strumenti, come me di coesione e consenso. !!!Ed ora buona lettura. Eccovi il seguito


(da "I fannuloni geniali" di F. Merlo - continua) È al contrario vero che nel nostro Paese l'impiego pubblico è stato colpevolmente allargato a dismisura dal fascismo e dall'antifascismo perché è sempre stato il modello di tutti i governi italiani, di destra e di sinistra, che così trasformavano i disoccupati in clienti politici. Insomma, mille professori politici, come è Brunetta, e mille intellettuali ministri come è Brunetta - anch'essi, come vedremo, oziosi nel senso latino - hanno devastato il pubblico impiego, specie nel Meridione, usandolo a fini anticongiunturali.
Così, per esempio, già nel 1920 Salvatore Quasimodo fu assunto a Roma al ministero dei Lavori Pubblici e distaccato al Genio Civile di Reggio Calabria per fare nulla. Il politico che lo raccomandò pensava di legare a sé e alla propria scuderia di partito un povero meridionale senza arte né parte e non certo di formare un premio Nobel per la poesia. E però se peccato vi fu contro la morale pubblica - e non è questione di retorica - non lo commise certo Quasimodo che solo nel gergo brunettiano fu un fior di fannullone, più o meno come quei ventuno impiegati di Reggio Calabria che hanno la sola funzione di registrare la loro inutile presenza in ufficio. Ma, come scrisse Albert Camus, "togliete ad un impegato i suoi documenti da ricopiare e da catalogare e ne farete un accidioso e, all'occasione, un criminale". E difatti psicanalisti, economisti e poeti sanno bene che non esistono persone che hanno per aspirazione il non far nulla. Al contrario, a faticare di più sono appunto quelli che sono stati assunti proprio per non lavorare, che è l'attività di lavoro più dura che possa capitare all'impiegato di concetto, all'intelletuale. E basti pensare ai professori universitari - anche Brunetta lo è - che infatti non si contentano del doppio lavoro ma arrivano al triplo e al quadruplo, con le consulenze, gli articoli, la politica. Insomma, non si capisce perché il doppio lavoro porti lustro e credito sociale al professore universitario e al barone accademico che tanto più è stimato quanto meno si fa vedere all'università, e porti invece decurtamenti dello stipendio, licenziamento, disprezzo, ammiccamenti e smorfie moralistiche all'impiegato di concetto che di sera si trasforma in piccolo muratore. Eppure Brunetta crede di essere il nuovo Falcone italiano perché, nel Paese degli abusivi e degli evasori, dei conflitti di interesse e delle mafie, dichiara guerra al bidello che smonta alle due del pomeriggio e poi, a partire dalle quattro, va a fare le pulizie in un condominio. E vuole licenziare non il barone universitario che porta in cattedra moglie, figli e parenti vari, ma l'operaio comunale che, terminato il normale turno, sale sulla sua Ape carica di attrezzi e gira per le case di campagna, e ora aggiusta un rubinetto, ora monta un lampadario, ora sostituisce un interruttore. Il ministro vuol mettere alla gogna l'usciere del tribunale che usa il proprio tempo 'libero' per lavorare e poi ancora lavorare nello studio di un avvocato o in quello di un notaio o, comunque, dove può. Tanto più che Brunetta finge di stupirsi perché i dipendenti pubblici che vogliono fare il doppio lavoro non accettano il part-time che corrisponde, più o meno, al dimezzamento dello stipendio e dunque della pensione. Ma quale impiegato sano di mente sarebbe disposto a rinunciare a quella metà dello stipendio che forse poi potrebbe, nel migliore dei casi, riguadagnare grazie a un doppio lavoro autonomo che è sempre precario, incerto e talvolta persino virtuale? Ed è bene ricordare che stiamo qui parlando di piccole cifre, di modesti arrotondamenti, di poveri bilanci familiari. E non certo delle ricchezze che, grazie al doppio lavoro, riescono ad accumulare, per esempio, certi medici o certi docenti di diritto amministrativo o ancora molti deputati e senatori, che come ha documentato ieri Tito Boeri, "rendono il mandato ricevuto dagli elettori una fonte di reddito permanente" tessendo una scandalosa ragnatela di conflitti di interesse. Già Antonio Di Pietro quando fu ministro dei Lavori Pubblici nel primo governo Prodi cercò di trattare il pubblico impiego come aveva trattato il Psi di Craxi (e di Brunetta). Di Pietro propose infatti che "laddove - è puro dipietrese - il dipendente pubblico non riesca a giustificare il proprio tenore di vita è meglio disfarsi di costui piuttosto che aspettare che intervenga il giudice penale: sarebbe troppo tardi e poco selettivo". Ebbene, alla fretta etica di Di Pietro è ora subentrato l'iperattivismo di Brunetta che sta cercando di far saltare l'Italia dentro un nuovo cerchio di fuoco. Sogna infatti "negli uffici pubblici la stessa efficienza della Ferrari, della Brembo o di Versace", vorrebbe attizzare uno scontro di civiltà tra fannulloni e iperattivi, tra depressi e nevrotici, tra brevilinei e longilinei, intesi come luoghi mentali e non fisici, per usare la colta metafora che nel 1935 Amintore Fanfani, allora professore di Storia economica alla Cattolica, presentò al dodicesimo congresso internazionale di Sociologia di Bruxelles e che fu così giudicata dal Duce: "E' magnifico ma è troppo lungo". Fanfani leggeva la storia, a partire da quella del pubblico impiego, come lotta tra brevilinei e longilinei, con la tesi che gli iperattivi accumulano e i fannulloni dissipano: da un lato le formiche dello Stato e dall'altro gli eroi dello sperpero e i poeti della decadenza. Quando lavoravo al desk c'era un collega che non stava mai al suo posto dove invece, secondo contratto, avrebbe dovuto passare sette ore e un quarto. E ce n'era un altro che restava al suo tavolo, sempre occupato in qualcosa. Ebbene, tra i due non c'era confronto possibile: era l'assenteista (il fannullone) che, per esempio, quando bisognava fare i titoli, si materializzava e mostrava quel talento che lo ha poi portato a diventare direttore. Ecco: un uomo intelligente come sicuramente è Brunetta dovrebbe capire che in Italia sarebbe più equilibrato sia evitare di santificare il lavoro come faceva Pascoli: "Poco era il giorno e molto era il lavoro / la falce è grande, ma più grande il prato", e sia evitare di dannarlo come faceva Cesare Pavese: "Lavorare offende anche l'aria".

(20 luglio 2008)

venerdì 18 luglio 2008

Siamo così

In questi giorni di bassa, e di magra (ispirazione) il massimo che riesco a fare è andar a gironzolare per i blog e leggere i titoli dei post e il loro primo rigo. Spingendomi oltre solo se l'argomento che ho annusato promette bene. Come nel caso di questo "Autoritratto" di L. Palmisano, letto su "Nazione Indiana 2.0" di oggi.
Mi è piaciuto tanto, sia per il contenuto, che per il modo ironico con cui è scritto. E poi perchè alcune considerazioni che ci ho trovato, sul tirare la carretta, o la cinghia, se preferite, le faccio anch'io come tanti, ma io soprattutto dopo aver visto l'altra sera l'offerta del pane scontato dopo le 20,00 in un panificio vicino casa...!!! Quanto al resto degli argomenti trattati da Palmisano, su politica, ideali, giustizia, razzismo, ecc...conoscete già i miei "gusti"..Dunque, sommando tutto, non vi meraviglieranno gli "assaggi" che riporto qui di questo bel post, che potete leggere per intero
qui.


Io non ho un lavoro. Non ho i soldi per fare la spesa. Non ho i soldi per fare benzina, e quando ce li ho aspetto la sera per andare al distributore, perché dopo le otto la benzina costa meno.
Io non ho una casa mia, e non potrò mai averla. Non ho i soldi per comprarmi dei vestiti nuovi, nemmeno adesso che ci sono i saldi.(..)
Io non ho speranze di vivere in un paese migliore, e non sono d’accordo con nessuno. I miei amici stanno tutti meglio di me e sono felice per loro, ma a volte li invidio, e forse è anche per smettere di invidiarli che spero di avere anch’io, prima o poi, una vita decente.
Io non sto con chi manifesta contro il governo, né con chi vuole dialogarci, dice, “per il bene del paese”. Non voterò più, e non credo più nella democrazia, perché è uguale a tutte le altre forme di governo.
Io non sto con chi protesta contro le discariche e gli inceneritori perché non credo che chi lo fa sia animato da un senso di giustizia. Non credo più nella giustizia, né nella legge, e nessuno potrà mai convincermi che farsi picchiare per impedire la costruzione di una discarica e poi tornare a casa buttando per terra il pacchetto delle sigarette sia un modo per difendere il futuro dei propri figli.
Io voglio avere una vita indifferente.
(..)
Protesterò quando tenteranno di costruire una discarica sotto casa mia; mi arrabbierò quando il governo mi aumenterà le tasse, o quando l’assicurazione della mia macchina costerà troppo. Se mia sorella sarà violentata da un algerino, odierò tutti gli africani, ma nessuno potrà dire di me che sono un razzista. Se mia madre sarà derubata da un siciliano, odierò i terroni, e se il mio migliore amico la ucciderà per rubarle la collana e andare a farsi una pera, allora odierò tutti i tossici bastardi pezzi di merda. Se mio fratello resterà in coma per vent’anni, scriverò al presidente della repubblica per chiedere che sia lasciato morire, e se il prete del mio paese non sarà d’accordo smetterò di andare in chiesa - ma in caso contrario non mi dispiacerà partecipare alle giornate della gioventù e ricevere gli sms di papa B. XVI: «Dio e il suo popolo si aspettano molto da te». Forse, di tanto in tanto, mi capiterà anche di invocare la pena di morte.
Non crederò in niente.
Non avrò idee, quindi non dovrò mai litigare con nessuno. Quando prenderanno le mie impronte digitali per la carta d’identità, non penserò a Orwell, alle bestie marchiate, ad Auschwitz, ma al carabiniere che ieri sera, in televisione, spiegava il provvedimento del governo e godeva come se la giornalista lo stesse masturbando. Mi ricorderò che ogni mia impronta gli farà una sega, e sarò contento per lui.
Quando mi capiterà tra le mani un giornale e vedrò in prima pagina la foto di un calciatore e in ventitreesima quella di un uomo torturato in una prigione cinese, cubana, o statunitense, mi sembrerà una cosa normale. E quando in un film, in un libro, in una canzone, o in una storia che mi racconteranno, sentirò parlare di un uomo diverso da me, che credeva in qualcosa e che ha combattuto per quello in cui credeva, penserò che lo ha fatto per interesse personale, o per protagonismo, o per tutte e due le cose insieme, e saprò di avere ragione.
E se tutto questo non accadrà mai, se non saprò mai conquistarmi una camera con vista sul mondo, allora morirò di fame da qualche parte, o sarò arrestato per aver rubato un’aragosta o per aver attentato alla vita di un uomo importante, oppure mi darò fuoco in un garage o mi impiccherò in piazza san Pietro, sotto il colonnato del Bernini - qualunque cosa, pur di non dar fastidio al cittadino medio, all’uomo che avrei voluto essere, quello che prende duemila euro al mese, paga il mutuo, si lamenta del governo, e la domenica pomeriggio, insieme agli amici, prepara il barbecue nel suo piccolo giardino. Il bastardo.

Si, lo so, ho copiato quasi tutto. E come rinunciare a qualcosa? Condivido tutto.