venerdì 26 settembre 2008

Dominante e sbrigativo

Dominante e sbrigativo: non è il sintetico profilo di un uomo in un rapporto di coppia (come per esempio penserei io :-) se leggessi fuori contesto queste due parole. Ma soltanto il mio voler utilizzare (ammiccando, lo ammetto :-) due soli termini per condensarvi il contenuto dell'interessante analisi di Michele Serra esposta nell' articolo “Il mondo facile della politica format”, pubblicato su “la Repubblica” del 24 settembre 2008, ed anche su Micromega-online.
Allora, ve lo riassumo, riportandone i passi salienti con caratteri colorati (oltreche "virgolettati")
Prima di Michele Serra, circa una settimana fa, Edmondo Berselli, nel suo articolo “Quando la politica diventa un format” (“la Repubblica” del 18 settembre 2008) aveva parlato del semplificare facile proprio della politica dell’attuale governo italiano. Ed aveva individuato nell’espressione “format” quella che meglio ne caratterizza gli orientamenti e le ragioni del largo e duraturo consenso.
La politica sarebbe dunque ormai diventata un “modello” che si propone (o impone) proprio come un “format”, del tipo di quelli delle trasmissioni televisive di successo.
Nel suo articolo, Michele Serra sviluppa le ragioni per cui, se la politica è un “format”, i suoi capisaldi non possono che essere la semplificazione ed il trionfo del pensiero sbrigativo.
Se perciò di modelli conviene parlare, specialmente se “televisivi”, è fuor di dubbio che si ha bisogno di schematizzare. Questo lo ha capito sicuramente il nostro centro-destra (e il suo capo prima di tutti), che si è sempre guardato bene dal complessificare-differenziare-individualizzare-capire-... Ed è sempre andato giù dritto a colpi di decisionismo e divisioni nette della società in “buoni e cattivi”, “fannulloni e lavativi”, “italiani e immigrati”, ecc., con la conseguente stigmatizzazione di capri espiatori, a cui addebitare le ragioni di ogni male italiano, e contro cui scagliare il malessere e la rabbia dei cittadini. Questi, dal canto loro, hanno dimostrato (e dimostrano) fastidio e avversione per qualunque azione e/o teoria che parta, ed accetti, la complessità. La sinistra italiana, invece, ha sempre avuto, come dire? familiarità con la complessità, ne ha fatto la chiave di volta per sostenere le sue tesi interpretative della società.
Beh, stando così le cose, non ha speranze di successo. Ma non è l'insuccesso della sinistra la vittima più eccellente del semplificazionismo generalizzato e imperante.
Il mito della “semplicità” travolge le basi della cultura stessa perchè, ci spiega Serra, riduce ad inutili zavorre, o ad orpelli da salotto, tutti gli elementi critici di comprensione del reale.
“La pedagogia e la didattica, così come sono andate evolvendosi nell’ultimo mezzo secolo, sono avvertite come discipline di sinistra, non tanto e non solo per il tentativo di sostituire alla semplificazione autoritaria orientamenti più aperti, a rischio di permissivismo sessantottesco. Sono considerate di sinistra perché complicano l’atteggiamento educativo, aggiungono scrupoli culturali ed esitazioni psicologiche, si avvitano attorno alla collosa (e odiatissima) materia della correttezza politica, esprimono un’idea di società iper-garantita e perciò stesso di ardua gestione, e in buona sostanza attentano al desiderio di tranquillità e di certezze di un corpo sociale disorientato e ansioso, pronto ad applaudire con convinzione qualunque demiurgo, anche settoriale, armato di scure.
In questo senso la proposta Gelmini è quasi geniale. L'idea-forza (..) è che gli arzigogoli “pedagogici", per giunta zavorrati da pretese sindacali, siano un lusso che la società non può permettersi. Il vero “taglio”, a ben vedere, non è quello di un personale docente comunque candidato – una volta liquidati i piloti, o i fannulloni, i sindacalisti o altri – al ruolo di ennesimo capro espiatorio. Il vero taglio è quello, gordiano, del nodo culturale. La nostalgia (molto diffusa) della maestra unica è la nostalgia di un'età dell’oro (irreale, ma seducente) nella quale la nefasta “complessità” non era ancora stata sdoganata da intellettuali, pedagogisti, psicologi, preti inquieti, agitatori politici e cercatori a vario titolo del pelo nell’uovo.” (..) “Una società che non prevedeva don Dilani, non Mario Lodi, non Basaglia, ovviamente non il Sessantotto, e dunque, nella ricostruzione molto ideologica che ne se ne fa oggi a destra, è semplicemente caduta vittima di un agguato “comunista”. (…) “Se la pedagogia “permissiva” esiste, non è perchè il disagio di parecchi bambini o la legnosità e l’inadeguatezza della vecchia didattica richiedevano (già quarant’anni fa) di essere individuati e affrontati, ma perché quello stesso problema è stato “creato” da un ceto intellettuale e politico malevolmente orientato alla distruzione della buona vecchia scuola di una volta.”
(..) "il trionfo del pensiero sbrigativo", per meglio affermarsi, necessita di un disprezzo uguale e contrario per il pensiero complicato,(..) per il latinorum castale di politici e intellettuali libreschi, barbogi, causidici, che usano la cultura (e il ricatto della complesità) come un sonnifero per tenere a freno le fresche energie "popolari" di chi ne ha le scatole piene dei dubbi, delle esitazioni, della lagna sociale sugli immigrati e gli zingari, sui bambini in difficoltà, su chiunque attardi e appesantisca il quotidiano disbrigo delle dure faccende quotidiane. Già troppo dure, in sé, per potersi permettere le "menate" della sinistra sull'accoglienza o il tempo pieno o i diritti dei gay o altre fesserie.
La sinistra ha molto di che riflettere. (...) Se questa destra continuerà a vincere, a parte il marketing non si vede quale delle discipline sociali possa sperare di riacquistare prestigio, e una diffusione non solo castale o accademica. Perchè(..) è molto più rassicurante, convincente, consolante pensare che le buone maestre di una volta, con l'ausilio del cinque in condotta e di una mitraglia di bocciature, possano mantenere l'odine e "educare" meglio i bambini ipercinetici, e consumatori bulimici, che la televisione crea e che la propaganda di destra ora lascia intendere di poter distruggere, perchè è meglio avere consumatori docili (clienti, come dice Pennac) piuttosto che cittadini irrequieti. E' meglio avere certezze che problemi.
E' molto più semplice che il mondo sia semplice, non fosse che per una circostanza incresciosa per tutti: che non lo è. Il mondo è complicato, l'umanità pure, i bambini non parliamone neanche. Se le persone convinte di questo obblogatorio, salutare riconosciento della complicazione non trovano la maniera di renderla "popolare" (..) vedremo nei prossimi decenni il progressivo trionfo dei semplificatori insofferenti, dei Brunetta, delle Gelmini, delle Palin. Poi la realtà, com'è ovvio, presenterà i suoi conti, sprofondando i semplificatori nella stessa melma in cui oggi si dibattono i poveri complicatori di minoranza. Nel frattempo, però, bisognerebbe darsi da fare , per sopravvivere con qualche dignità nell'Era della Semplificazione, limitandone il più possibile i danni, se non per noi per i nostri figli che rischiano di credere davvero, alla lunga, al mito reazionario dei bei tempi andati, quando la scuola sformnava Bravi Italiani, gli aerei volavano senza patemi, gli intellettuali non rompevano troppo le scatole e la cultura partiva dalla bella calligrafia e arrivava (in perfetto orario) alla più disciplinata delle rassegnazioni. Cioè al suo esatto contrario."


Note a margine
La parte "costruttiva" di questa analisi (che non è solo interssante per i contenuti, ma anche per il modo efficace e disinvolto di padroneggiare la nostra lingua e la nostra storia) credo stia tutta in quell'invito a rendere "popolare" la complessità, pena la fine della sinistra e, ancor di più, il suicidio della cultura, quale bagalio critico di conoscenza. Io, almeno interpreto così il messaggio finale di Serra. Ma, allora, se questo è, io, che mi sento di sinistra, ma che non mi riconosco più nei noti uomini politici italiani che la rappresentano, vorrei tanto vedere una rinascita "popolare" della cultura della complessità, a partire dalle istanze egualitarie e democratiche caratterizzanti della sinistra. Pretendo troppo? E, poi, vorrei vedere crescere un associazionismo di sinistra che non sia fatto solo da intellettuali che si parlano tra loro in una atmosfera da cospirazione segreta, come acutamente notava un amico con cui discutevo qualche giorno fa. Vorrei anche vedere, ad esempio, dei siti web di sinistra veramente "vivi", cioè ricchi di contenuti ed accoglienti, aperti a tutti, e non solo a pochi, selezionati "iniziati". Chiedo troppo? Infine, sono d'accordo che la semplificazione della complessità a colpi di accetta è come la quadratura del cerchio, ma vogliamo riconoscerlo, TUTTI, anche Serra, che pure noi "di sinistra" ci siamo rotti le scatole delle esitazioni e degli eccessi di scrupoli di tantissima parte della sinistra? Che anche l'eccesso di complessificazione del reale-complesso è un male che va "curato"? Proprio con la medicina della "popolarita" ? E con quella della "esemplificazione", aggiungo io (che è cosa diversa dalla semplificazione), come farebbe un bravo insegnante, che non solo conosce la sua materia, ma la sa anche "porgere" ai suoi alunni? In modo semplice e possibilmente con esperimenti di laboratorio, che, "tradotto", significa, secondo me, il fare proposte politiche in modo partecipato, tenendo in debito conto le sperimentazioni e le esperienze acqusite?

Io non penso che tutto ciò sia chiedere troppo alla politica, ed alla sinistra in particolare. Anzi. Credo che proprio la rassegnazione al "meno peggio" e il diffuso sentimento di delega abbiano portato alla situazione attuale, per cambiare la quale , io credo, non ci resta che avere fiducia nelle nostre convinzioni, e capacità di essere "popolari", cioè "compresibili" e al fianco della gente.

Pensieri di pioggia

Oggi cambio registro. Mi prendo una pausa, di leggerezza, evasione e..umidità :-)
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PENSIERI DI PIOGGIA

Con la mano sotto al mento, guardo le gocce che rigano il vetro.
Scendono lente, dapprima, come timide lacrime che solcano il viso.
Poi si abbandonano, liberatorie, in una corsa sfrenata e scrosciante.
Gocce salate, gonfie di malinconia. Oppure tiepide e dolci, colme di gioia.

Avvicinati, dai! Ti offro la pioggia.
Ce ne sazieremo, i nostri occhi e i nostri corpi, fino allo sfinimento.
E, vedrai, se pure non è felicità che sfioreremo,

sarà vera, e sarà nostra.

venerdì 19 settembre 2008

Informazione "fantastica" e "Paura liquida"

Ho letto due articoli troppo interessanti, oggi, su "Il Venerdì" di Repubblica per non riportarli qui, nel mio blog e "catturarli" nella mia "collezione"! Peraltro trattano temi che possono ben collegarsi tra loro, pur da due prospettive diverse, l'una giornalistica, l'altra sociologica.

Innanzitutto c'è un interessante articolo di Giorgio Bocca che descrive molto efficacemente la società italiana dei nostri giorni, dove il giornalismo d'inchiesta ha ceduto il posto ad una "informazione creativa" (dico io), o, meglio, al "fantastico"(dice meglio Bocca).
E' abbastanza breve. Penso che ne valga la pena, lo riporto quasi integralmente.
"Il sociologo De Rita è dell'idea, poco incoraggiante per i contemporanei, che la società italiana sia una mucillagine, una pasta informe, indefinibile, dove è impossibile distingure il buono dal guasto. Lo è certamente, a giudicare dall'informazione, da ciò che passano i giornali e le tv. E' mucillagine il catastrofismo dilagante che si alterna al miracolismo, nello stesso articolo i mutamenti climatici seri, preoccupanti, mescolati al rifiuto isterico di ogni mutamento. (...) Siamo tornati all'anno Mille, alle paure irragionevoli per la fine del mondo. Nel vecchio mondo l'gnoranza era causa di sciagure, ma nell'attuale onnipresenza dei media le ansie e i timori del peggio arrivano da ogni parte.
Il vicino enigmatico, il visibile che non si spiega, il drammatico di fronte a cui siamo impotenti, questo contemporaneo che ci arriva in casa ma che ci resta estraneo, questo fiume di notizie su Paesi ignorati, su genti ignote, fa si che la nostra vita consista in un perenne, insopportabile vagare fra l'estraneo e l'approssimativo. L'Ossezia? L'Inguscezia? La minoranza turca del Sikiang? I talebani? Ma quali, del Pakistan o dell'Afganistan? E perchè mai quelli algerini ricominciano con le stragi? L'informazione logorata dalle paure, del nulla e del vero, si abbandona ad un ballo di San Vito. Oggi tutti media si occupano del meretricio universale, domani della castità che torna fra le dive del cinema, oggi corre dietro i fiumi di droga, domani fa parlare i maniaci che scambiano droga, per il diavolo.
La ricerca del vero, la voglia d'inchiesta cede il campo al fantastico. Vengono descritti come venusiani anche i turisti russi arricchiti dalle mafie. Tutto nell'informazione deve essere drogato, inspiegabile, contraddittorio. La fortuna politica dell'uomo che ci governa avrà molte ragioni, ma certamente c'è la facoltà di inventare il proprio personaggio provvidenziale: "Ho telefonato a Putin ho evitato la guerra mondiale".

E, continuando a "drogarci", quale droga migliore c'è di quella della "paura" di un "nemico" per sedare le menti, ma anche, all'occorenza, per eccitare gli animi dei governati?

Zygmunt Bauman, nel suo "Paura liquida", parla di dipendenza dalla paura. Nell'intervista di Paola Zanuttini pubblicata sullo stesso numero di oggi del Venerdi" di Repubblica, il sociologo di origine polacca, afferma che la paura, è vero, ha sempre accompagnato il cammino dell'umanità, ma mentre prima, in epoca premoderna, la paura si declinava con nomi di cose e di animali concreti, come "il lupo", "i briganti", ecc.., ora le paure "sono fluttuanti, disancorate. Non sappiamo da dove vengono, nè dove e quando saremo colpiti. (..) Ogni edizione dei quotidiani aggiunge nuove voci al nostro elenco delle paure. C'è poi una netta differenza nel rapporto tra aspettative e realtà: i nostri avi si erano riconciliati con la temibilità del mondo, l'inevitabilità della sofferenza e l'ubiquità del male, e credevano anzi che così dovesse essere: per scontare il peccato originale" - E adesso invece? "Siamo nati in un mondo che che ha proclamato la fine imminente di ogni pena e sofferenza, e quindi anche dei motivi per temerle. La modernità ha dichiarato guerra alla paura: non a caso Freud ha definito la civiltà come un marchingeno per infondere sicurezza, o dare la sensazione di essere protetti: E, invece, giorno dopo giorno, siamo sempre più subissati da eventi che ci dimostrano il contrario" (..) La natura è tutt'altro che domata o controllata dalla ragione, mentre proprio le azioni umane, con la loro pretesa razionalità, portano a conseguenze che ricordano da vicino la furia spaventosa e imprevedibile della Natura." E veniamo ai politici. I politici, in particolare, ce l'hnno per "mestiere" di offrire protezione (mi viene in mente che anche i mafiosi che chiedono il pizzo, ce l'hanno..Ma questa è una'altra storia..O forse no..) Continua Z. Bauman, "per buona parte della storia moderna, le incognite ansiogene contro le quali lo Stato prometteva la sua protezione erano per lo più legate agli imprevedibili capricci del mercato occupazionale: il rischio di perdere il lavoro(..) il pericolo di cadere nell'indigenza, di rimanere senza cure in caso di malattia e senza aiuto nella vecchiaia, di non potere crescere i propri figli o garantire un tetto alla famiglia. Oggi questa premessa è sempre più disattesa dagli Stati, che lasciano ai singoli individui la responsabilità di procacciarsi i mezzi di sussistenza, una posizione sociale, un livello di vita decente. Questa tendenza a ritirarsi dagli obblighi del passato - o in altri termini, il lento ma costante smantellamento dello Stato sociale - sta erodendo la legittimazione tradizionale del potere statale".

Che così cerca nuove vie per ottenerlo?
"Si, da qui il bisogno di trovare cause sostitutive di insicurezza; talvolta, quando non bastano a generare un sufficiente capitale di paure, di crearle o di gonfiarle ad arte. (..) Il punto principale non è che non sono queste (complotti, furti, mendicità invadente, ecc.. NDR) le vere ragioni, e meno ancora le cause primarie delle paure dei giorni nostri. Hanno però il vantaggio di consentire ai politici di presentarsi in tv, a milioni di persone, come valorosi campioni a proteggere i propri elettori, sventando così per un pò il pericolo di insubordinazione popolare e del dissenzo" Com'è cambiata lidea di futuro?
"Per rispondere ci vorrebbe un libro. In qusti ultimi anni siamo stati colti di sorpresa da nuove e temibili sfide individuali e collettive, per molti versi senza precedenti" (impennata dei prezzi, rincaro dei carburanti, globalizzazione progressiva del consumismo, competizione accanita per risorse ormai scarse NDR)(...)
Previsioni a breve termine?
"Passerà molto tempo, e l'umanità soffrirà molto prima che si trovi un accordo su come affrontare queste. Lo aveva già detto Immanuel Kant più di due secoli fa: la solidarietà del genere umano non è solo un sogno bello e nobile, ma una necessità pressante, "un essere o non essere", una quetione di vita o di morte. (..) Abbiamo assoluto bisogno di una lunga e approfondita riflessione sulle nostre priorità e su come vivere la nostra vita; e forse dovremo procedere ad una revisione di fondo per entrambe le cose. Ancora una volta nella storia dell'umanità il nostro futuro sta diventando una grande incognita: il regno dell'Ignoto, dove la paura ha il suo habitat naturale. La paura può paralizzare, ma anche spingere all'azione. In nome del nostro comune futuro e di quello dei nostri figli e nipoti, dobbiamo sperar che la nostra scelta vada nella seconda direzione".

Nota a margine: le evidenziature sono mie..Spero vi siano utili, se volete accorciare..:-)

lunedì 15 settembre 2008

Una lotta contro i mulini a vento

Siamo in tanti, mi ostino a credere, a pensarla in maniera diversa da come vede/sente/parla/ragiona(?) l'opinione comune che individua nemici ovunque, che vuole giustizialismo sommario e che spinge all'odio civile. Eppure siamo solo dei don Chisciotte, che lottiamo contro i mulini a vento! Sembrano infatti vaneggiamenti irresponsabili quelli di chi predica (e agisce) la tolleranza, l'integrazione, il rispetto per la persona umana, l'uguaglianza e la giustizia. Tutto viene travolto dall'opinione comune dominante per cui se ci si indigna per una morte assurda come quella di un ragazzo italiano di colore ammazzato a sprangate per un presunto furto di biscotti e coperto d'insulti razzisti solo perchè di pelle nera allora si è "a favore" dell'insicurezza !!??!! del lasciare soli i cittadini in balia di ladruncoli o teppisti! Ma che c'entra? Niente, ovviamente, logicamente, razionalmente non c'entra proprio niente. Ma il fatto è che ormai in Italia il dibattito civico è inquinato/accecato da falsi problemi..o da false soluzioni..Cosicchè non solo non si risolve nulla, ad esempio non si proteggono davvero i cittadini dalle violenze urbane garentendo i mezzi alla giustizia per funzionare, ma paradossalmente si finisce col fomentare ulteriori violenze..proprio quelle che si pretende di combattere!!
Questo è il "quadro", sconfortante , e vergognoso, dell'Italia dei nostri giorni..E lo so che l'ho già detto altre volte, in altri post..ma purtroppo è ancora questo, e la cronaca più recente ci obbliga a vederlo..


P.S. del 16/9/2008 Dal blog di Giulia leggo e apprendo questa notizia, che anch'io linko qui. Penso che se di una cosa si legge, si sa, e se ne discute, si contribuisce a smontare quel muro di stupidità e di paura che noi "don Chisciotte" ci sforziamo di combattere..

domenica 14 settembre 2008

La prima pioggia

L'ho "bevuta" tutta, questa prima pioggia di settembre!
Dal mare, ancora immersa dentro le grandi onde grigie, paurose e tristi, ma caldissime, fino alla campgna etnea, odorosa di nipitedda bagnata, finocchietto e alloro.
Mi sento "pioggia" io stessa! E in pace col mondo! :-)
So che non è affatto così, ma va bene lo stesso, per oggi, va benissimo solo così!

P.S. Sono le 18,39, in fondo solo pochi minuti da quando ho scritto le righe di sopra. Ma piove molto più forte di prima, piove fortissimo, il rumore è assordante. La strada di casa mia è un fiume in piena, e la corrente è già andata via una volta. Penso che sia il mondo: mi starà punendo, per aver "osato" dire di essere in pace con lui..:-)

giovedì 11 settembre 2008

11 settembre: pensieri sparsi

Mi sveglio, ed è 11 settembre, del 2001.
Non è un giorno qualunque, penso: ho fatto un incubo. Ho sognato, come fosse vero, di precipitare con un aereo, e sento il vuoto mentre apro gli occhi atterrita.. La sensazione mi resta per tutta la mattinata..Nel pomeriggio, solo nel pomeriggio, accendo il televisore..E vedo aerei..e grattacieli..e fumo..E poi un familiare che mi citofana e mi fa: "l'hai accesa la televisione? E' terribile!"..
Sette anni fa l'inviolabile fu violato: gli USA, e con loro il mondo intero, colpiti al cuore. La realtà superò la fantasia più nera, e invece che un film d'azione, di quelli che gli americani sanno fare bene, erano immagini reali, più devastanti di un incubo..Io, dal canto mio, mi rendo conto che può capitarmi di presagire vagamente le cose..E capisco, insieme al resto del mondo, che gli americani non sono solo registi...o attori...
Mi sveglio alle 8, ed è 11 settembre, del 2008.
So che è un giorno particolare, e ripenso al 2001..
Accendo il pc un paio d'ore dopo,e mi ricordo di essere italiana. Oggi, 11 settembre 2008, alle 9, 15, circa, il Consiglio dei Ministri approva il disegno di legge sulla prostituzione: solo in strada sarà reato, e lucciole e clienti di strada potranno rischiare la prigione..Lo stato italiano, penso, è così che si prende cura degli ultimi, e dei più deboli: gli dà un tetto,la prigione, e per un pò gli dà "rifugio"..!!!