lunedì 20 aprile 2015

Dove cessa l'umanità

La crisi e la miseria, degli europei, anziché sollevare uno tzunami di orrore e indignazione di fronte alle stragi immani di migranti in mare, polarizza sui migranti stessi gli sfoghi per tutte le paure. E così, fuori da ipocrisie, sotto sotto è forse la maggioranza degli europei quella che la pensa come la Hopkins, la conduttrice televisiva inglese, che paragona gli immigrati agli scarafaggi, da rimandare indietro con i cannoni per poi bruciar loro le barche.
Io sono sconcertata.
Penso che questi flussi biblici sono inarrestabili e, certo, il problema è complesso, ma affrontarlo semplicisticamente col cinismo e i blocchi non solo è stupido, ma aggrava a dismisura il fenomeno, aumentando solo il numero di morti..
Io propendo decisamente -  l'ho già detto in altre parole, in un post di ieri - per una politica di corridoi umanitari e investimenti in accoglienza e per una seria politica internazionale di sostegno alla democrazia e allo sviluppo nei Paesi africani, senza la quale ogni sforzo alla lunga è vano perché non affronta il problema lì dove esplode.
Detto questo, ho trovato interessanti per riflettere, alcuni articoli, uno di Claudio Magris, uno di Gwynne Dyer, e un altro di Igiaba Scego, che linko qui sotto..

"(..)Alla doverosa accoglienza umana di tanti fratelli perseguitati e infelici si oppone e purtroppo si opporrà una difficoltà o impossibilità oggettiva, il numero di questi fratelli infelici, che un giorno potrebbe essere materialmente impossibile accogliere.(..)"

"(..)Il ragionamento dei governi europei è stato che se avessero tolto la speranza di essere salvati dalla marina italiana, sarebbero arrivati meno rifugiati. Quindi se uno sta fuggendo dalla guerra civile in Siria o dall’atroce dittatura eritrea e scopre che il rischio di morire durante la traversata del Mediterraneo è passato dall’1 al 10 per cento, deciderà di rimanere in un paese devastato dalla guerra come la Libia? I governi europei volevano ingannare solo gli altri o anche sé stessi?(...)"

"Mio padre e mia madre sono venuti in Italia in aereo. Non hanno preso un barcone, ma un comodo aeroplano di linea. Negli anni settanta del secolo scorso c’era, per chi veniva dal sud del mondo come i miei genitori, la possibilità di viaggiare come qualunque altro essere umano. Niente carrette, scafisti, naufragi, niente squali pronti a farti a pezzi. (..)"

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