Dominante e sbrigativo: non è il sintetico profilo di un uomo in un rapporto di coppia (come per esempio penserei io :-) se leggessi fuori contesto queste due parole. Ma soltanto il mio voler utilizzare (ammiccando, lo ammetto :-) due soli termini per condensarvi il contenuto dell'interessante analisi di Michele Serra esposta nell' articolo “Il mondo facile della politica format”, pubblicato su “la Repubblica” del 24 settembre 2008, ed anche su Micromega-online.
Allora, ve lo riassumo, riportandone i passi salienti con caratteri colorati (oltreche "virgolettati")
Prima di Michele Serra, circa una settimana fa, Edmondo Berselli, nel suo articolo “Quando la politica diventa un format” (“la Repubblica” del 18 settembre 2008) aveva parlato del semplificare facile proprio della politica dell’attuale governo italiano. Ed aveva individuato nell’espressione “format” quella che meglio ne caratterizza gli orientamenti e le ragioni del largo e duraturo consenso.
La politica sarebbe dunque ormai diventata un “modello” che si propone (o impone) proprio come un “format”, del tipo di quelli delle trasmissioni televisive di successo.
Nel suo articolo, Michele Serra sviluppa le ragioni per cui, se la politica è un “format”, i suoi capisaldi non possono che essere la semplificazione ed il trionfo del pensiero sbrigativo.
Se perciò di modelli conviene parlare, specialmente se “televisivi”, è fuor di dubbio che si ha bisogno di schematizzare. Questo lo ha capito sicuramente il nostro centro-destra (e il suo capo prima di tutti), che si è sempre guardato bene dal complessificare-differenziare-individualizzare-capire-... Ed è sempre andato giù dritto a colpi di decisionismo e divisioni nette della società in “buoni e cattivi”, “fannulloni e lavativi”, “italiani e immigrati”, ecc., con la conseguente stigmatizzazione di capri espiatori, a cui addebitare le ragioni di ogni male italiano, e contro cui scagliare il malessere e la rabbia dei cittadini. Questi, dal canto loro, hanno dimostrato (e dimostrano) fastidio e avversione per qualunque azione e/o teoria che parta, ed accetti, la complessità. La sinistra italiana, invece, ha sempre avuto, come dire? familiarità con la complessità, ne ha fatto la chiave di volta per sostenere le sue tesi interpretative della società.
Beh, stando così le cose, non ha speranze di successo. Ma non è l'insuccesso della sinistra la vittima più eccellente del semplificazionismo generalizzato e imperante.
Il mito della “semplicità” travolge le basi della cultura stessa perchè, ci spiega Serra, riduce ad inutili zavorre, o ad orpelli da salotto, tutti gli elementi critici di comprensione del reale.
“La pedagogia e la didattica, così come sono andate evolvendosi nell’ultimo mezzo secolo, sono avvertite come discipline di sinistra, non tanto e non solo per il tentativo di sostituire alla semplificazione autoritaria orientamenti più aperti, a rischio di permissivismo sessantottesco. Sono considerate di sinistra perché complicano l’atteggiamento educativo, aggiungono scrupoli culturali ed esitazioni psicologiche, si avvitano attorno alla collosa (e odiatissima) materia della correttezza politica, esprimono un’idea di società iper-garantita e perciò stesso di ardua gestione, e in buona sostanza attentano al desiderio di tranquillità e di certezze di un corpo sociale disorientato e ansioso, pronto ad applaudire con convinzione qualunque demiurgo, anche settoriale, armato di scure.
In questo senso la proposta Gelmini è quasi geniale. L'idea-forza (..) è che gli arzigogoli “pedagogici", per giunta zavorrati da pretese sindacali, siano un lusso che la società non può permettersi. Il vero “taglio”, a ben vedere, non è quello di un personale docente comunque candidato – una volta liquidati i piloti, o i fannulloni, i sindacalisti o altri – al ruolo di ennesimo capro espiatorio. Il vero taglio è quello, gordiano, del nodo culturale. La nostalgia (molto diffusa) della maestra unica è la nostalgia di un'età dell’oro (irreale, ma seducente) nella quale la nefasta “complessità” non era ancora stata sdoganata da intellettuali, pedagogisti, psicologi, preti inquieti, agitatori politici e cercatori a vario titolo del pelo nell’uovo.” (..) “Una società che non prevedeva don Dilani, non Mario Lodi, non Basaglia, ovviamente non il Sessantotto, e dunque, nella ricostruzione molto ideologica che ne se ne fa oggi a destra, è semplicemente caduta vittima di un agguato “comunista”. (…) “Se la pedagogia “permissiva” esiste, non è perchè il disagio di parecchi bambini o la legnosità e l’inadeguatezza della vecchia didattica richiedevano (già quarant’anni fa) di essere individuati e affrontati, ma perché quello stesso problema è stato “creato” da un ceto intellettuale e politico malevolmente orientato alla distruzione della buona vecchia scuola di una volta.”
(..) "il trionfo del pensiero sbrigativo", per meglio affermarsi, necessita di un disprezzo uguale e contrario per il pensiero complicato,(..) per il latinorum castale di politici e intellettuali libreschi, barbogi, causidici, che usano la cultura (e il ricatto della complesità) come un sonnifero per tenere a freno le fresche energie "popolari" di chi ne ha le scatole piene dei dubbi, delle esitazioni, della lagna sociale sugli immigrati e gli zingari, sui bambini in difficoltà, su chiunque attardi e appesantisca il quotidiano disbrigo delle dure faccende quotidiane. Già troppo dure, in sé, per potersi permettere le "menate" della sinistra sull'accoglienza o il tempo pieno o i diritti dei gay o altre fesserie.
La sinistra ha molto di che riflettere. (...) Se questa destra continuerà a vincere, a parte il marketing non si vede quale delle discipline sociali possa sperare di riacquistare prestigio, e una diffusione non solo castale o accademica. Perchè(..) è molto più rassicurante, convincente, consolante pensare che le buone maestre di una volta, con l'ausilio del cinque in condotta e di una mitraglia di bocciature, possano mantenere l'odine e "educare" meglio i bambini ipercinetici, e consumatori bulimici, che la televisione crea e che la propaganda di destra ora lascia intendere di poter distruggere, perchè è meglio avere consumatori docili (clienti, come dice Pennac) piuttosto che cittadini irrequieti. E' meglio avere certezze che problemi.
E' molto più semplice che il mondo sia semplice, non fosse che per una circostanza incresciosa per tutti: che non lo è. Il mondo è complicato, l'umanità pure, i bambini non parliamone neanche. Se le persone convinte di questo obblogatorio, salutare riconosciento della complicazione non trovano la maniera di renderla "popolare" (..) vedremo nei prossimi decenni il progressivo trionfo dei semplificatori insofferenti, dei Brunetta, delle Gelmini, delle Palin. Poi la realtà, com'è ovvio, presenterà i suoi conti, sprofondando i semplificatori nella stessa melma in cui oggi si dibattono i poveri complicatori di minoranza. Nel frattempo, però, bisognerebbe darsi da fare , per sopravvivere con qualche dignità nell'Era della Semplificazione, limitandone il più possibile i danni, se non per noi per i nostri figli che rischiano di credere davvero, alla lunga, al mito reazionario dei bei tempi andati, quando la scuola sformnava Bravi Italiani, gli aerei volavano senza patemi, gli intellettuali non rompevano troppo le scatole e la cultura partiva dalla bella calligrafia e arrivava (in perfetto orario) alla più disciplinata delle rassegnazioni. Cioè al suo esatto contrario."
Note a margine
La parte "costruttiva" di questa analisi (che non è solo interssante per i contenuti, ma anche per il modo efficace e disinvolto di padroneggiare la nostra lingua e la nostra storia) credo stia tutta in quell'invito a rendere "popolare" la complessità, pena la fine della sinistra e, ancor di più, il suicidio della cultura, quale bagalio critico di conoscenza. Io, almeno interpreto così il messaggio finale di Serra. Ma, allora, se questo è, io, che mi sento di sinistra, ma che non mi riconosco più nei noti uomini politici italiani che la rappresentano, vorrei tanto vedere una rinascita "popolare" della cultura della complessità, a partire dalle istanze egualitarie e democratiche caratterizzanti della sinistra. Pretendo troppo? E, poi, vorrei vedere crescere un associazionismo di sinistra che non sia fatto solo da intellettuali che si parlano tra loro in una atmosfera da cospirazione segreta, come acutamente notava un amico con cui discutevo qualche giorno fa. Vorrei anche vedere, ad esempio, dei siti web di sinistra veramente "vivi", cioè ricchi di contenuti ed accoglienti, aperti a tutti, e non solo a pochi, selezionati "iniziati". Chiedo troppo? Infine, sono d'accordo che la semplificazione della complessità a colpi di accetta è come la quadratura del cerchio, ma vogliamo riconoscerlo, TUTTI, anche Serra, che pure noi "di sinistra" ci siamo rotti le scatole delle esitazioni e degli eccessi di scrupoli di tantissima parte della sinistra? Che anche l'eccesso di complessificazione del reale-complesso è un male che va "curato"? Proprio con la medicina della "popolarita" ? E con quella della "esemplificazione", aggiungo io (che è cosa diversa dalla semplificazione), come farebbe un bravo insegnante, che non solo conosce la sua materia, ma la sa anche "porgere" ai suoi alunni? In modo semplice e possibilmente con esperimenti di laboratorio, che, "tradotto", significa, secondo me, il fare proposte politiche in modo partecipato, tenendo in debito conto le sperimentazioni e le esperienze acqusite?
Io non penso che tutto ciò sia chiedere troppo alla politica, ed alla sinistra in particolare. Anzi. Credo che proprio la rassegnazione al "meno peggio" e il diffuso sentimento di delega abbiano portato alla situazione attuale, per cambiare la quale , io credo, non ci resta che avere fiducia nelle nostre convinzioni, e capacità di essere "popolari", cioè "compresibili" e al fianco della gente.
Allora, ve lo riassumo, riportandone i passi salienti con caratteri colorati (oltreche "virgolettati")
Prima di Michele Serra, circa una settimana fa, Edmondo Berselli, nel suo articolo “Quando la politica diventa un format” (“la Repubblica” del 18 settembre 2008) aveva parlato del semplificare facile proprio della politica dell’attuale governo italiano. Ed aveva individuato nell’espressione “format” quella che meglio ne caratterizza gli orientamenti e le ragioni del largo e duraturo consenso.
La politica sarebbe dunque ormai diventata un “modello” che si propone (o impone) proprio come un “format”, del tipo di quelli delle trasmissioni televisive di successo.
Nel suo articolo, Michele Serra sviluppa le ragioni per cui, se la politica è un “format”, i suoi capisaldi non possono che essere la semplificazione ed il trionfo del pensiero sbrigativo.
Se perciò di modelli conviene parlare, specialmente se “televisivi”, è fuor di dubbio che si ha bisogno di schematizzare. Questo lo ha capito sicuramente il nostro centro-destra (e il suo capo prima di tutti), che si è sempre guardato bene dal complessificare-differenziare-individualizzare-capire-... Ed è sempre andato giù dritto a colpi di decisionismo e divisioni nette della società in “buoni e cattivi”, “fannulloni e lavativi”, “italiani e immigrati”, ecc., con la conseguente stigmatizzazione di capri espiatori, a cui addebitare le ragioni di ogni male italiano, e contro cui scagliare il malessere e la rabbia dei cittadini. Questi, dal canto loro, hanno dimostrato (e dimostrano) fastidio e avversione per qualunque azione e/o teoria che parta, ed accetti, la complessità. La sinistra italiana, invece, ha sempre avuto, come dire? familiarità con la complessità, ne ha fatto la chiave di volta per sostenere le sue tesi interpretative della società.
Beh, stando così le cose, non ha speranze di successo. Ma non è l'insuccesso della sinistra la vittima più eccellente del semplificazionismo generalizzato e imperante.
Il mito della “semplicità” travolge le basi della cultura stessa perchè, ci spiega Serra, riduce ad inutili zavorre, o ad orpelli da salotto, tutti gli elementi critici di comprensione del reale.
“La pedagogia e la didattica, così come sono andate evolvendosi nell’ultimo mezzo secolo, sono avvertite come discipline di sinistra, non tanto e non solo per il tentativo di sostituire alla semplificazione autoritaria orientamenti più aperti, a rischio di permissivismo sessantottesco. Sono considerate di sinistra perché complicano l’atteggiamento educativo, aggiungono scrupoli culturali ed esitazioni psicologiche, si avvitano attorno alla collosa (e odiatissima) materia della correttezza politica, esprimono un’idea di società iper-garantita e perciò stesso di ardua gestione, e in buona sostanza attentano al desiderio di tranquillità e di certezze di un corpo sociale disorientato e ansioso, pronto ad applaudire con convinzione qualunque demiurgo, anche settoriale, armato di scure.
In questo senso la proposta Gelmini è quasi geniale. L'idea-forza (..) è che gli arzigogoli “pedagogici", per giunta zavorrati da pretese sindacali, siano un lusso che la società non può permettersi. Il vero “taglio”, a ben vedere, non è quello di un personale docente comunque candidato – una volta liquidati i piloti, o i fannulloni, i sindacalisti o altri – al ruolo di ennesimo capro espiatorio. Il vero taglio è quello, gordiano, del nodo culturale. La nostalgia (molto diffusa) della maestra unica è la nostalgia di un'età dell’oro (irreale, ma seducente) nella quale la nefasta “complessità” non era ancora stata sdoganata da intellettuali, pedagogisti, psicologi, preti inquieti, agitatori politici e cercatori a vario titolo del pelo nell’uovo.” (..) “Una società che non prevedeva don Dilani, non Mario Lodi, non Basaglia, ovviamente non il Sessantotto, e dunque, nella ricostruzione molto ideologica che ne se ne fa oggi a destra, è semplicemente caduta vittima di un agguato “comunista”. (…) “Se la pedagogia “permissiva” esiste, non è perchè il disagio di parecchi bambini o la legnosità e l’inadeguatezza della vecchia didattica richiedevano (già quarant’anni fa) di essere individuati e affrontati, ma perché quello stesso problema è stato “creato” da un ceto intellettuale e politico malevolmente orientato alla distruzione della buona vecchia scuola di una volta.”
(..) "il trionfo del pensiero sbrigativo", per meglio affermarsi, necessita di un disprezzo uguale e contrario per il pensiero complicato,(..) per il latinorum castale di politici e intellettuali libreschi, barbogi, causidici, che usano la cultura (e il ricatto della complesità) come un sonnifero per tenere a freno le fresche energie "popolari" di chi ne ha le scatole piene dei dubbi, delle esitazioni, della lagna sociale sugli immigrati e gli zingari, sui bambini in difficoltà, su chiunque attardi e appesantisca il quotidiano disbrigo delle dure faccende quotidiane. Già troppo dure, in sé, per potersi permettere le "menate" della sinistra sull'accoglienza o il tempo pieno o i diritti dei gay o altre fesserie.
La sinistra ha molto di che riflettere. (...) Se questa destra continuerà a vincere, a parte il marketing non si vede quale delle discipline sociali possa sperare di riacquistare prestigio, e una diffusione non solo castale o accademica. Perchè(..) è molto più rassicurante, convincente, consolante pensare che le buone maestre di una volta, con l'ausilio del cinque in condotta e di una mitraglia di bocciature, possano mantenere l'odine e "educare" meglio i bambini ipercinetici, e consumatori bulimici, che la televisione crea e che la propaganda di destra ora lascia intendere di poter distruggere, perchè è meglio avere consumatori docili (clienti, come dice Pennac) piuttosto che cittadini irrequieti. E' meglio avere certezze che problemi.
E' molto più semplice che il mondo sia semplice, non fosse che per una circostanza incresciosa per tutti: che non lo è. Il mondo è complicato, l'umanità pure, i bambini non parliamone neanche. Se le persone convinte di questo obblogatorio, salutare riconosciento della complicazione non trovano la maniera di renderla "popolare" (..) vedremo nei prossimi decenni il progressivo trionfo dei semplificatori insofferenti, dei Brunetta, delle Gelmini, delle Palin. Poi la realtà, com'è ovvio, presenterà i suoi conti, sprofondando i semplificatori nella stessa melma in cui oggi si dibattono i poveri complicatori di minoranza. Nel frattempo, però, bisognerebbe darsi da fare , per sopravvivere con qualche dignità nell'Era della Semplificazione, limitandone il più possibile i danni, se non per noi per i nostri figli che rischiano di credere davvero, alla lunga, al mito reazionario dei bei tempi andati, quando la scuola sformnava Bravi Italiani, gli aerei volavano senza patemi, gli intellettuali non rompevano troppo le scatole e la cultura partiva dalla bella calligrafia e arrivava (in perfetto orario) alla più disciplinata delle rassegnazioni. Cioè al suo esatto contrario."
Note a margine
La parte "costruttiva" di questa analisi (che non è solo interssante per i contenuti, ma anche per il modo efficace e disinvolto di padroneggiare la nostra lingua e la nostra storia) credo stia tutta in quell'invito a rendere "popolare" la complessità, pena la fine della sinistra e, ancor di più, il suicidio della cultura, quale bagalio critico di conoscenza. Io, almeno interpreto così il messaggio finale di Serra. Ma, allora, se questo è, io, che mi sento di sinistra, ma che non mi riconosco più nei noti uomini politici italiani che la rappresentano, vorrei tanto vedere una rinascita "popolare" della cultura della complessità, a partire dalle istanze egualitarie e democratiche caratterizzanti della sinistra. Pretendo troppo? E, poi, vorrei vedere crescere un associazionismo di sinistra che non sia fatto solo da intellettuali che si parlano tra loro in una atmosfera da cospirazione segreta, come acutamente notava un amico con cui discutevo qualche giorno fa. Vorrei anche vedere, ad esempio, dei siti web di sinistra veramente "vivi", cioè ricchi di contenuti ed accoglienti, aperti a tutti, e non solo a pochi, selezionati "iniziati". Chiedo troppo? Infine, sono d'accordo che la semplificazione della complessità a colpi di accetta è come la quadratura del cerchio, ma vogliamo riconoscerlo, TUTTI, anche Serra, che pure noi "di sinistra" ci siamo rotti le scatole delle esitazioni e degli eccessi di scrupoli di tantissima parte della sinistra? Che anche l'eccesso di complessificazione del reale-complesso è un male che va "curato"? Proprio con la medicina della "popolarita" ? E con quella della "esemplificazione", aggiungo io (che è cosa diversa dalla semplificazione), come farebbe un bravo insegnante, che non solo conosce la sua materia, ma la sa anche "porgere" ai suoi alunni? In modo semplice e possibilmente con esperimenti di laboratorio, che, "tradotto", significa, secondo me, il fare proposte politiche in modo partecipato, tenendo in debito conto le sperimentazioni e le esperienze acqusite?
Io non penso che tutto ciò sia chiedere troppo alla politica, ed alla sinistra in particolare. Anzi. Credo che proprio la rassegnazione al "meno peggio" e il diffuso sentimento di delega abbiano portato alla situazione attuale, per cambiare la quale , io credo, non ci resta che avere fiducia nelle nostre convinzioni, e capacità di essere "popolari", cioè "compresibili" e al fianco della gente.
6 commenti:
Scusa Frida ma il mio commento a questo post è unico nel post Pensieri di pioggia.
Ciao
Un grande post, cara Frida. Difficile dire o aggiungere qualcosa.
Un bacio
I.
Serra è un grande, anche io ho seguito questo dibattito.
FRIDA, ti segnalo una letterina al mio sindaco, sperando abbia ampia diffusione.
;-) duccio
Al Sindaco di Roma
On. Gianni Alemanno
Onorevole Sindaco,
purtroppo per la gloriosa storia antifascista della nostra città, medaglia d’Oro alla Resistenza, apprendiamo da manifesti appesi per le strade di Roma che anche quest’anno l’organizzazione fascista Forza nuova svolgerà il suo “Campo d’Azione”, momento di aggregazione per i giovani di estrema destra che da 5 anni imperversano nella nostra regione, fino ad arrivare sul suolo della nostra città. La Federazione Giovanile dei Comunisti Italiani di Roma reputa inconcepibile e vergognoso che sia dato anche solo uno spazio a idee che richiamano il momento più buio e drammatico della storia della nostra nazione e che, a maggior ragione, vengano tollerate iniziative che sono uno smacco alla democrazia che lo stesso Presidente della Camera, facente capo al suo stesso partito e quindi di certo lontano anni luce dalle nostre posizioni, ha tenuto a sottolineare.
Già da due anni la FGCI di Roma e del Lazio chiedono che questi “Campi d’odio e di violenza culturale” siano annullati in qualunque luogo della nostra regione essi vengano organizzati, senza alcuna risposta in merito. Vorremmo rivendicare la nostra Carta Costituzionale come unico baluardo contro la disgregazione degli ideali democratici e antifascisti che si perdono per la carenza informativa e per l’assopimento politico che vuole far credere che “gli estremi sono uguali” e che noi riteniamo frase inaccettabile, perché se noi e lei possiamo discutere politicamente di una questione come questa è grazie alla lotta partigiana che ha liberato l’Italia dal nazifascismo e non di certo grazie a chi ha governato l’Italia per 20 anni tappando la bocca alla libertà di parola, di stampa, di pensiero.
Quindi, Onorevole Sindaco, pur nella battaglia che noi politicamente continueremo a farle contro un programma che non condividiamo in nessun punto e che sta dimostrando giorno dopo giorno tutte le sue lacune, oggi Le chiediamo da amministratore democraticamente eletto dai cittadini di questa città di non permettere lo svolgimento del “Campo d’Azione” di Forza Nuova del 3-4-5 ottobre presso Casa Montag, luogo all’interno del quale si respira quotidianamente un clima d’odio, di violenza, di xenofobia e di revisione completa e orrenda della nostra storia Repubblicana.
Distinti saluti,
La Federazione Giovanile dei Comunisti Italiani
Coordinamento romano
Molto interessante. No, non pretendi troppo e hai ragione nel dire che anche la sinistra dovrebbe essere più chiara e diretta in quello che propone. Non certo a colpi di slogan come la destra ma proporre i propri valori in modo "esemplificativo" come dici tu.
Molto incisiva,Frida,come sempre!!
Un abbraccio di piena condivisione.
@ I. il cane di Jack - Grazie I. Mi fa piacere trovarti in sintonia con quello che ho scritto qui..Che poi è quanto ha scritto (bene) M. Serra..Di mio ci sono solo le note a margine..Un bacio a te!
@ Duccio - Non avevo dubbi che tu lo avessi seguito, questo dibattito ;-) E grazie anche per la segnalazione, che ho letto pure da te.
@ Artemisia - Cara Artemisia, mi fa particolarmente piacere il tuo commento perchè, di tutto, hai apprezzato una piccola cosa mia a margine di quello che scritto Serra: l'essere "esemplificativi". Spero davvero che quanto noi ci auspichiamo sia una realta, non troppo lontana nel tempo..
@ riri - Ti abbraccio anch'io, cara Rosy, e mi prendo ben volentieri la tua condivisione!
Un bacio a tutti e una buona serata! Spero di essere meno ritardataria la prossima volta..:-)
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